RACCONTI POETICI DI LUOGHI INTERIORI
SEMINARIO DI AUTOBIOGRAFIA POETICA
Questo laboratorio parte dal presupposto che, scrivendo di sé, non sia importante soltanto che cosa si racconta, ma anche come.
Nell’infanzia, scrive Walter Benjamin, “le parole sono vive, piene, ricche, perché portano tutte traccia delle percezioni sensoriali forti del bambino, portano traccia del tatto, del colore, dell’odorato, del suono, di tutte le esperienze; la lingua del bambino è una lingua della domenica, cioè una festa”. Crescendo, la parola perde l’aderenza alle cose, al mondo, all’esperienza, e diventa più arida, perché slegata da quel piacere fisico di creare nominando: allora si opacizza, si logora, diventa automatica e vuota. Non c’è più una lingua della domenica, ma spesso una grigia lingua del lunedì mattina. Il pensiero diventa astratto e totalmente distaccato dalla fisicità che ci costituisce. Per raccontare se stessi in modo completo e non scisso, è necessario fare pratica d’una forma espressiva che permetta di recuperare quel piacere originario di gustare le parole con tutto il corpo.
Questa forma è la poesia, che ha la capacità di alimentarsi di parole vive perché nate dal ritmo del respiro, del battito del cuore, del passo, parole profondamente radicate nel corpo, che conservano le preziose qualità sensoriali della lingua allo stato nascente, capace di esprimere la totalità dell’esperienza senza scissioni; essa è uno strumento autobiografico completo, perché non separa il significato dalla forma-suono e dalla originaria matrice ritmica della parola, e permette di riunire in un unico atto narrativo il gioco creativo liberatorio e la rievocazione emotiva profonda e illuminante.
Proveremo quindi a raccontarci in forma poetica, facendo esperienza degli strumenti specifici attraverso cui la poesia può diventare una pratica autobiografica trasformativa, una forma di attenzione al linguaggio e di cura di sé e degli altri.
Lo spazio, insieme al tempo, è la dimensione costitutiva dell’esistenza. Non possiamo pensare a noi stessi senza collocarci in un luogo. Metafore comuni come “sentirsi a casa” “sentirsi spaesati” “trovare rifugio fra le braccia di qualcuno”, “stare dentro una torre d’avorio”, “avere un sogno dentro il cassetto”, “sentirsi in trincea”, sono solo alcuni esempi di come la spazialità permei il linguaggio e il pensiero. Nell’essere umano i luoghi, da concreti e materiali, diventano immaginari, simbolici: quindi, oltre ad abitarli, possiamo dire che ne siamo abitati. Conoscere i nostri luoghi/spazi interiori, avere accesso a queste immagini, significa quindi accrescere la conoscenza di noi stessi.
Il seminario è ispirato da un libro di Gaston Bachelard, “La poetica dello spazio” (Dedalo, Bari, 2006 nuova edizione) che ragiona e discorre sulla valenza evocativa, poetica e profondamente coinvolgente di alcune immagini spaziali – come la casa, la stanza, lo scrigno, il nido, il guscio- che Bachelard chiama “dello spazio felice”, il cui valore presenta ricchissime sfumature di intimità.
Durante il seminario andremo oltre: attraverso la scrittura non ci limiteremo a esplorare le immagini dello spazio felice, intimo e rassicurante, bensì ci addentreremo in una multiforme varietà di spazi, sia luminosi sia oscuri, preziosi per noi da evocare perché popolano il nostro mondo interiore. Torri e roccaforti, pozzi e miniere, soffitte e cantine, rifugi e tane, capanne e giacigli, sentieri e passaggi segreti, abissi e giardini, così come balaustre, ponti, soglie, crocevia, finestre, porte: ogni immagine spaziale che abbia una risonanza interiore profonda potrà diventare oggetto delle nostre scritture autobiografiche, rivisitazioni poetiche, immaginazioni trasformative.
Ragioneremo sui fertili intrecci fra memorie concrete di luoghi realmente esistiti e abitati, memorie fittizie di luoghi che qualcuno ci ha narrato (magari appartenenti a una memoria familiare) luoghi sognati e mitici, luoghi simbolici la cui realtà è solo interiore, spazi che ci accolgono e spazi che accogliamo in noi. La contaminazione fra memoria e immaginazione è vitale per nutrire il nostro spirito, se è vero, come dice Bachelard, che
L’immagine poetica non è l’eco di un passato ma è piuttosto il contrario: attraverso una folgorante immagine il passato lontano risuona di echi, e non si riesce a cogliere fino a quale profondità tali echi si ripercuoteranno e si estenderanno.
Le grandi immagini sono sempre allo stesso tempo ricordo e leggenda. Ogni grande immagine ha un fondo onirico insondabile, sul quale il passato personale dipinge immagini particolari.
Ogni memoria deve essere reimmaginata: nella memoria noi conserviamo microfilms che non possono essere letti se non ricevono la luce viva dell’immaginazione. Bisogna spingersi fino alle profondità dei sogni, al di là dei ricordi, in una pre –memoria.
Leggeremo anche poeti, italiani e stranieri, che si sono avvalsi d’immagini spaziali dal forte valore evocativo, cercando nelle loro parole, come in una miniera, frammenti preziosi da “scalpellare” poi dentro la nostra personale scrittura.
Il gruppo di lavoro intreccerà le voci e le immagini in un percorso di arricchimento reciproco, elaborazione creativa di nuovi testi condivisi, scoperta di altri punti di vista e apertura di nuovi spazi interiori.
Le metodologie di narrazione autobiografica e poetica che saranno utilizzate nel laboratorio attingono in parte anche alla poetry therapy (poesia-terapia) statunitense, e, opportunamente approfondite e declinate, possono costituire strumenti efficaci e preziosi per chi lavora in ambito didattico, educativo, formativo o terapeutico con qualunque tipologia di utenza: adulti, bambini, adolescenti, anziani, persone che vivono condizioni di crisi, malattia fisica e mentale, lutto, detenzione, possono trovare nella narrazione autobiografica poetica uno straordinario mezzo espressivo in grado di restituire loro una voce autentica, non vincolata rigidamente dalla logica e dal primato del concetto, generando una scrittura nuova e viva, “corporea”, profondamente radicata nella sensibilità personale.
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