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meditazione sull’ESSERE con l’aiuto degli ALBERI

“Pensa agli ALBERI che se ne stanno lì dritti, insieme, in un bosco.

Non parlano ma percepiscono la presenza reciproca”

in Thich Nhat Hanh, Sedersi in consapevolezza, Terra Nuova edizioni, 2015, pagina 17

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LEGNA E CENERE: l’apparire dell’esser sè di Emanuele Severino nella tavernetta con il camino acceso | da COATESA SUL LARIO … e dintorni

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La legna sta bruciando. Dapprima appaiono i suoi contorni nella luce del fuoco; poi essi scompaiono e appare l’incandescenza delle braci; a sua volta, poi, questa incandescenza scompare e appare la cenere.
La legna spenta, la legna accesa, le braci, la cenere e il vento che la disperde si sono avvicendati nel cerchio luminoso dell’apparire. Al subentrare di ognuno di questi eventi, il precedente esce dall’apparire. Il cerchio dell’apparire non attesta che la legna si trasforma in cenere: appunto perché non attesta che la legna si annienta come legna. Per “trasformarsi”, o “diventare” cenere è infatti necessario che la legna si annienti come legna. Ma se l’annientamento della legna non appare, non può apparire nemmeno il suo “diventare” cenere.
All’interno di quel cerchio, la cenere non è la sorte toccata alla legna; essa non grida, ma tace la sorte della legna. In quel cerchio, la legna non diventa cenere, così come gli uomini non diventano polvere: la cenere è il successore della legna; la polvere dell’uomo. Ma l’annientamento di ciò che muore non appare.

da:

Emanuele Severino . Che significa morire?, estratto da: La strada, già pubblicato in  Amici a cui piace Emanuele Severino

 

disegno di Nanà Dalla Porta in:

GALIMBERTI UMBERTO, MERLINI IRENE, PETRUCCELLI MARIA LUISA, PERCHÉ? 100

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Vanno, vengono … forse solo la nostra presenza interrompe quella loro costante … testo di Anna

Reparto di psichiatria
Vanno, vengono ,a ritmo costante, forse solo la nostra presenza, ogni tanto, interrompe quella loro costante.
Nella lunghezza del corridoio un solo divanetto interrompe la  linearita’ del loro “passeggiare”.
Tutti sembrano far parte di un altro mondo, dove ci si e’ finalmente spogliati di tutto, ma non si e’ ancora in pace.
Mi siedo e lei si siede accanto a me, mi guarda con occhi svuotati, incolore, e’ a piedi nudi, non so quanti km abbia gia’ accumulati prima del mio arrivo.
Ogni tanto, quando un altro lascia la sua stanza, lei si precipita dentro.
E’ l’unica volta che vedo un’addetta rivolgerle la parola, dandole del tu!
Dicono che rubi il denaro. Vive li’ da alcuni mesi.
Il personale e’ concentrato, come un grappolo, su una porta, i dottori, invece, stanno chiusi dietro la porta. .
Le parti sono tutte presenti, ma non si incontrano.
Vanno, vengono, un giovane avanza, fuori ritmo, a “petits pas”, si’ con quei passi impercettibili dei ballerini provetti che sanno misurare i centimetri.
E’ sfatto. Della sua giovane eta’, del suo giovane corpo e’ gia’ stato tutto bruciato.
Il silenzio insopportabile di quel corridoio lo rompe un altro giovane, grande e gonfio come un pallone.
Non ha un punto del corpo senza tatuaggio, gli anelli al  naso e al labbro.
Esce dalla struttura  insieme a un sorvegliante, la sua voce compensa del silenzio di tutti gli altri.
Con mano tenera, come quella di un bambino, raccoglie dal prato il suo orsacchiotto, gia’ asciutto.
Se lo stringe sul petto, sorride.
Guardo ancora una volta tutti i loro occhi di una tristezza inconfondibile, se si sono gia’  frequentati questi corridoi.
All’orizzonte le nostre palestre di roccia rosa lillato , un manto forte e dolce che a ogni tramonto stende il suo abbraccio fin dentro quel corridoio.
Anna, 22 settembre 2011