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Come nel “cantico dei cantici”, tradotto dall’ebraico nella trasposizione poetica di Agostino Venanzio Reali, si auspica un futuro nell’ampiezza celeste, vicino alle montagne così nell’epistolario dei due poeti si delinea l’ipotesi salvifica di un’esistenza defilata che penetri il senso dell’esistenza stessa.
Amato – “Tu che soggiorni dentro un paradisofammi la tua voce riudireAmata – Tornami a sembrare, amato mioun cervo, un capriolo sui profilidei monti che fragrano, viola.”
Antonia Pozzi – “Radici/ profonde nel grembo di un monte/ conservano un sepolto segreto/ di origini – e quello per cui mi riapro/ stelo/ di pallide certezze”.
Tullio Gadenz – “Ma esser vorrei/ Di un grand’albero/ In una oscura/ Sera / la più Profonda/ Radice.”
Incontri di intensa tonalità, di totale reciprocità e incanto che preludono ad una intesa più ampia e totale e totalizzante che dall’aleph della terra abbraccia tutto il creato fino all’immagine sinestetica del profilo dei monti che “fragrano” viola.…..
l’intero post qui: Libera Universita’ Autobiografia – Epistolario (1933-1938) – Antonia Pozzi Tullio Gadenz.