Leggo che i familiari del runner ucciso dall’orso proclamano “ora vogliamo Giustizia”.
Giustizia su un orso..?
Chiamiamola con un nome appropriato: vendetta!
Così come è vendetta quella che esigevano i parenti dei morti di Rigopiano e quella reclamata da parenti ed amici di persone morte per colpa o per violenza altrui.
Il desiderio di vendetta è umanissimo e comprensibile ma ne viene delegata allo Stato l’esecuzione, per ovvie ragioni. E per questo le pene devono avere una componente “afflittiva” proporzionata al male fatto (Dei Delitti e delle Pene), in mancanza della quale forte sarebbe la tentazione a farsi vendetta da soli.
Tutto questo però si applica ad essere umani, capaci di intendere e di volere, capaci di capire che si stanno facendo anni di galera perché hanno commesso un atto del quale sono consapevoli e responsabili, e si suppone che siano in grado di cambiare vita.
Ma un orso?
Con l’orso c’è la vendetta e basta. Almeno non paludatela da “Giustizia”: e grottesco e offensivo. E se proprio vogliamo parlare di Giustizia, cominciamo dalle responsabilità degli esseri umani che hanno creato le condizioni di questa sciagura.
Vi propongo in proposito una riflessione di Barbare Poggio pubblicata oggi:
“In una intervista pubblicata oggi, il veterinario Alessandro De Guelmi, il principale esperto del progetto Life Ursus ha raccontato che al momento in Trentino ci sono 120 esemplari di orso, di cui solo 3 dotati di radiocollare, ma scarico.
Il quadro descritto è quello di una situazione fuggita di mano, di un progetto probabilmente nato senza una accurata valutazione, ma poi consapevolmente abbandonato e ora fuori controllo.
Non è un caso che la gestione degli orsi in Trentino sia stata tolta ai forestali e affidata alla protezione civile, che non sia stata portata avanti alcuna iniziativa educativa e comunicativa, nessun monitoraggio del fenomeno.
E che, anche quando sollecitati in tal senso, i politici si siano mostrati del tutto disinteressati. Pronti però oggi a svegliarsi, loro sì, dal prolungato letargo, per unirsi e fomentare le grida di “all’orso, all’orso”.
Insomma, un caso esemplare di politica basata sulla strategia della paura: fenomeni non governati o gestiti con noncuranza così da renderli critici, in modo tale da esasperare la popolazione e raccoglierne infine il consenso, presentandosi – almeno sul piano comunicativo – come i garanti della sicurezza”
VOLENDO ISPIRARSI A TRUMP E NON AVENDONE I MEZZI FUGATTI SI SFOGA SULL’ORSA.
Nella vicenda dell’orsa trentina, al di là delle questioni di carattere etico e culturale di cui ho già tentato di parlare, mi pare emergere un aspetto particolarmente inquietante e dai connotati piuttosto ripugnanti: quello che spesso abbiamo potuto riscontrare nei Governatori di Stati del Sud degli USA quando decidono , soprattutto in prossimità di scadenze elettorali e comunque allo scopo di sollecitare il consenso di settori specifici di elettorato, di far eseguire le condanne a morte “in attesa”, meglio ancora se di afroamericani. Ho l’impressione che questa fattispecie si adatti perfettamente al ruolo che sta giocando il Presidente della Provincia di Trento, che manifesta una tigna particolare per far eseguire al più presto e senza tante discussioni la sentenza di morte. Perfino la famiglia del runner morto non invoca la pena capitale; come tutti comprende che la pena capitale esercitata su un animale che ha agito per istinto perché probabilmente temeva per i suoi cuccioli è fuori dal mondo. Un puro e semplice spot truce, per titillare la voglia di soluzioni finali che alligna nell’elettorato di riferimento di Fugatti (anzi, sull’orsa la soluzione finale si può esercitare con molti meno problemi che sui migranti…). Problema? Soluzione!
La filosofia del Bar assurge a ideologia e prassi di governo!
Di questo trumpismo de noantri, spietato, strumentale e straccione facciamo volentieri a meno.