LETTERATURA: romanzi, racconti, poesie · Milano

Storie, sogni, luoghi e suggestioni. MILANO riscoperta in dieci libri cult, articolo di Andrea Kerbaker in Corriere della Sera 13 agosto 2024

in : https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/24_agosto_13/milano-riscoperta-in-dieci-libri-cult-del-novecento-storie-sogni-luoghi-e-suggestioni-12763a65-40dd-415d-9ca6-e72163ba7xlk.shtml

Milano in dieci libri… facile, no: cominciando col Manzoni… Nossignori, troppo semplice. Certo, «I promessi sposi» è un inizio quasi imprescindibile; ma qui si vuole proporre un itinerario più contemporaneo: quindi lasciamo alle spalle l’intero Ottocento — Manzoni, ma anche gli Scapigliati, Rovani o De Marchi — e andiamo dritti al Novecento. La partenza è comunque col botto: niente meno che Ernest Hemingway, giovanissimo soldato ferito sul fronte, convalescente in città, perdutamente innamorato dell’infermiera che lo cura. È «Addio alle armi», mitico romanzo del 1929 (ma in italiano, per leggerlo, bisognerà aspettare la fine del fascismo) in cui Milano, ritratta soprattutto nelle luci della Galleria e nel verde dell’ippodromo di San Siro, è protagonista bella e nobile. E ancora oggi il libro, come tutto Hemingway, è più che godibile.

Ma, se al ventenne «Hem» innamorato ogni dettaglio cittadino pare entusiasmante, alcuni italiani del tempo sono ben più scettici. Basta prendere in mano «Milano sconosciuta» di Paolo Valera, militante socialista, inesausto descrittore dei quartieri meno illuminati e peggio frequentati. Un libro di grande fortuna per tutti gli anni primi del secolo, fino al 1922, quando il fascismo si opporrà alla sua ripubblicazione. Circolano invece liberamente due parodie della città già allora fiera del suo movimento (La folla operosa onde Milano trae l’incitamento perenne al lavoro e all’impeto…): «La Vita Intensa» e «La Vita Operosa», racconti dei primi anni Venti di Massimo Bontempelli, anima errante che all’epoca vive qualche anno anche qui. E ironico, in tutt’altra maniera, è il più classico narratore di quegli anni, Carlo Emilio Gadda, milanesissimo, che in città non ambienta un intero romanzo, come poi farà con Roma nel Pasticciaccio, ma pagine e pagine di racconti, da scegliere e centellinare, fermandosi sull’«Incendio di via Keplero», da integrare con la celeberrima ricetta del risotto giallo: più milanese di così….

 

 

Di più forse c’è solo «Ascolto il tuo cuore, città», gran libro di Alberto Savinio, edito in piena guerra, nel 1944: una passeggiata infinita tra memorie e presente, dove si racconta la trasformazione novecentesca della città «dotta e meditativa» fino al dramma dei bombardamenti, a cui sono dedicate alcune delle descrizioni più note e citate. Un libro che è anche un complemento dell’attività pittorica di Savinio, artista multiforme in perenne equilibrio tra sogno e realtà.

Passa la guerra: ricostruzione, boom, Milano che cresce e va, come ci riportano mille narrazioni entusiaste. Ma, di nuovo, l’elegia non si addice tanto al racconto letterario della città: il progresso lascia alle spalle scie di povertà, di contrasti, di dimenticati. Uno dei primi ad accorgersene è un ottimo scrittore, critico d’arte (e a lungo firma del Corriere), Giovanni Testori, che alla città, anzi ai suoi «segreti», dedica una pentalogia: cinque titoli che escono da Feltrinelli a cavallo del 1960, tra cui il romanzo «Il fabbricone», e i racconti del «Ponte della Ghisolfa», ambientati tra opifici e piccola delinquenza. È una Milano tutt’altro che sbarluscenta, anzi con le tinte grevi del neorealismo; non a caso da una storia Luchino Visconti trae uno dei suoi film più acclamati, «Rocco e i suoi fratelli».

Un altro film di culto, di tono diversissimo (protagonista è Ugo Tognazzi), ma non meno critico, giunge dall’altra più riuscita opposizione letteraria a quella crescita della città, «La vita agra», romanzo del 1962 di Luciano Bianciardi, in cui il protagonista vorrebbe far saltare in aria uno dei simboli di quegli anni, la Torre Galfa – Il torracchione, come dargli torto, anche solo da un punto di vista estetico…

Tutti all’opposizione, negativi? Ma no. Per esempio Alberto Vigevani dà un ritratto della città sempre suggestivo, anche se spesso racconta del periodo fra le due guerre, con fascismo trionfante e antisemitismo incipiente. Ma il tono non è mai critico, e l’esito forse migliore è quello di «Un certo Ramondès», 1966, molto apprezzato da Vittorio Sereni. 

E poi a fare il tifo c’è Dino Buzzati, bellunese, che qui si è sentito adottato e amato, e ricambia. La sua Milano ha mille facce, da quella inventata di «Poema a fumetti», precursore della graphic novel oggi tanto in voga, a quella vera ma surreale di «Paura alla Scala». Dovendo scegliere, ancora oggi le preferenze del pubblico vanno a «Un amore», storia di un trasporto cieco e disperato di un protagonista agé per una prostituta, sullo sfondo della Milano tra Brera e periferia.

Siamo nel secolo scorso, è giusto chiudere con un titolo uscito nel 2000 tondo tondo, «Nati due volte» di Giuseppe Pontiggia: commovente romanzo che racconta il suo rapporto con il figlio Andrea e la sua malattia. Prosa di ambientazione tutta milanese che ha vinto anche il molto romano Premio Strega. Davvero non è poco, credetemi.

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