G sta per giardino, ma quale giardino non so. Forse l’angolo di un certo particolare giardino; forse un giardino in cui c’è una sedia in attesa di qualcuno che vi si sieda. Non è un giardino astratto, non un giardino dell’Eden, né un giardino infernale come Bomarzo, né ordinato come il Doria Pamphili, a Roma, né trasandato come il giardino di Boboli a Firenze. Non é un giardinetto dietro casa. Deve essere quel che penso quando dico “Giardino” tra me e me: uno spazio verde che è contenuto da e che conterrà un po’ dell’azione della poesia, o nemmeno un po’. Forse vi sono alberi, forse le foglie sono cadute. Potrebbe esservi la neve, e dei passeri potrebbero essersi raggruppati attorno alla base del frassino che vi cresce. Non so. Ci vorrà parecchio prima che lo sappia.