Succedeva qualche settimana fa, in una tarda e fredda mattina mentre camminavamo sul lungolago.
La bellezza annidata in un’ansa: 22 cigni.
Alcuni veleggiano con la sicurezza della loro eleganza fra i riflessi del sole e altri, sulla battigia, sono intenti nella minuziosa pulizia di zampe ed ali e untamento (questa parola è rubata a Carlo Emilio Gadda) delle piume.
Si mescolano silenziosi i candidi adulti e i curiosi novellotti, le cui striature grigiastre rammentano il loro non lontano ingresso nel mondo.
I passanti, anche se frettolosi, volgono loro di striscio lo sguardo, qualche madre indugia trattenuta dal bambino che tiene per mano e che punta l’indice con esclamazioni di gioia.
Una clocharde sminuzza il suo pane, circondata da quella nuvola bianca impegnata ad afferrare i brandelli.
Per imitazione e per assecondare il ciclo della nutrizione entro in un bar e ne esco con qualche brioche e faccio gli stessi gesti, attento a ben distribuire i bocconi.
I cigni vengono e vanno e, infine, tuffano nel biancore il lungo collo e si cullano nel sonno.
Viviamo in un luogo di straordinaria geografia, cui fa da contrappeso una più modesta antropologia.
- Fotografie di Luciana
- Connessioni: Il colore bianco