Al ritorno da ogni viaggio che mi abbia portato in luoghi meravigliosi e felici, sento il bisogno di fare una capatina sulle nostre rive: una specie di affettuosa ricognizione per controllare se il lago di Como regga ancora il confronto con gli scenari famosi e i grandi panorami.
Col Corno d’Oro, l’isola di Patmos o Venezia negli occhi, neanche l’amore per le patrie sponde potrebbe indurmi a stravedere, ma il verdetto è ogni volta gioiosamente positivo… Ricordo un consigliere provinciale di Gravedona che, andato in Croazia per una battuta di caccia, liquidò quella pur amena regione con una battuta che mi è rimasta in mente: « Sì, bell… ma che passa i nost sit… ».
Io non sono così campanilista, ma sono lieto che i nost sit siano qui a portata di vista, e penso con un certo sgomento a due brutte ipotesi: quella, per fortuna assai remota, di un diverso comportamento del ghiacciaio abduano, dal cui progressivo ritiro si formò il Lario (bastava che lo sperone di Bellagio avesse un fronte pia ampio, e il lago si sarebbe formato più a Nord…) …
Carlo Ferrario, Alfabeto comasco, Nodo Libri, Como 1989, p. 61