IN RICORDO DI CRISTIANA ISOLERI, Pittrice e scultrice
“Dovevo creare un mondo tutto mio come un clima, un paese, una atmosfera in cui poter respirare, regnare e ricreare me stessa quando ero distrutta dalla vita”.
È sulla scorta di siffatta dichiarazione di poetica, presa in prestito dalla scrittrice Anais Nin, che Cristiana Isoleri, il “mondo tutto suo” se l’è creato avventurandosi, in una lunga carriera di artista, sulla strada della pittura con la complicità e l’ausilio di critici e scrittori, incrociando con i loro testi la lirica gestualità delle sue trame di segni e sogni colorati, in un rapporto di sodalizio e interpretazione, fedele ad una sensibilità, che, come aveva notato Gillo Dorfles, era tale da rendere prodigiosamente visibile l’invisibile dei testi: un “mondo tutto suo”, che è un acquisto di poesia.
Ma chi è Cristiana Isoleri? Nata nel 1926 a Milano, dove è vissuta per la maggior parte della sua carriera, prima di trasferirsi a Como, è scomparsa ieri l’altro, lunedì 12 dicembre 2022. Formatasi all’Accademia di Brera, con il maestro Marino Marini, si era dedicata dapprima alla scultura nel gruppo di Alik Cavaliere, Giancarlo Sangregorio, Aldo Caron, Bianca Orsi e Isa Pizzoni, prima di approdare alla pittura, dapprima materica e di rilievi e successivamente informale.
Guidata sempre da una viva “curiositas”, ha lasciato un gran patrimonio d’arte, con cui in altra sede si dovrà fare i conti, ma qui mi sembra giusto ricordarla per un’opera che sembra condensare tutto il suo credo, un libro pubblicato a Como dalla Grafica Marelli nel 2014, sotto un titolo giocoso e significativo, Caos, che raccoglie annotazioni, curiosità, giudizi, consigli, luoghi, fatti e persone, il tutto organizzato spesso senza ordine ma con alcuni centri tematici interessanti ben identificabili e provenienti da fonti ed ambiti diversi (viaggi, libri, discorsi).
Un brogliaccio di molte cose differenti, insomma, uno scartafaccio, forse anche un diario, nato dal “progetto” di dare ordine a ciò che un ordine apparentemente non ce l’aveva, dall’esigenza di mettere a fuoco, memorizzare e conservare, in un gioco tra ragione e sentimento (“La ragione ci fa vedere le cose come sono, il sentimento come vorremmo che fossero”).
Se è vero, come lei dice, che “l’identità si acquista giorno per giorno” e che “Noi siamo la nostra memoria”, Cristiana la sua identità di irregolare, della scrittura non dell’arte, se l’è conquistata parola dopo parola, pensiero dopo pensiero, e alla fine si è fatta davvero “memoria” di se stessa: progetto infinito cresciuto come una tela o un arazzo, non diversamente da tante sue opere pittoriche che chiamano in causa trame che crescono su stesse e si rivelano capaci catturare e irretire lo sguardo dell’incantato spettatore.
VINCENZO GUARRACINO