Guarracino Vincenzo · Roncoroni Federico

Guarracino Vincenzo legge e commenta FEDERICO RONCORONI, ricordando i maestri, gli allievi, i colleghi, gli amori, New Press edizioni, 2023. Indice del libro

CONVEGNI, incontri, dibattiti, corsi, festival · Guarracino Vincenzo

incontro con Vincenzo Guarracino sul libro FEDERICO RONCORONI. Ricordando i Maestri, gli allievi, i colleghi, gli amori. In dialogo con Elena Sada, 26 maggio 2023, Libreria Feltrinelli, via Cesare Cantù 17 – Como

Data: 26 mag 2023, Ore 18.0

Nell’ambito di Aspettando Parolario, si terrà l’incontro con Vincenzo Guarracino che presenterà il suo ultimo libro FEDERICO RONCORONI. Ricordando i Maestri, gli allievi, i colleghi, gli amori. In dialogo con Elena Sada.

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Presentazione del libro Federico Roncoroni. Ricordando i Maestri, gli allievi, i colleghi, gli amori | Oggi a Como
ARTE · Biografie di persone · Guarracino Vincenzo · LETTERATURA: romanzi, racconti, poesie · Pittura

RICORDO DI CRISTIANA ISOLERI, Pittrice e scultrice, Vincenzo Guarracino, dicembre 2022

IN RICORDO DI CRISTIANA ISOLERI, Pittrice e scultrice

 
“Dovevo creare un mondo tutto mio come un clima, un paese, una atmosfera in cui poter respirare, regnare e ricreare me stessa quando ero distrutta dalla vita”.
È sulla scorta di siffatta dichiarazione di poetica, presa in prestito dalla scrittrice Anais Nin, che Cristiana Isoleri, il “mondo tutto suo” se l’è creato avventurandosi, in una lunga carriera di artista, sulla strada della pittura con la complicità e l’ausilio di critici e scrittori, incrociando con i loro testi la lirica gestualità delle sue trame di segni e sogni colorati, in un rapporto di sodalizio e interpretazione, fedele ad una sensibilità, che, come aveva notato Gillo Dorfles, era tale da rendere prodigiosamente visibile l’invisibile dei testi: un “mondo tutto suo”, che è un acquisto di poesia.
Ma chi è Cristiana Isoleri? Nata nel 1926 a Milano, dove è vissuta per la maggior parte della sua carriera, prima di trasferirsi a Como, è scomparsa ieri l’altro, lunedì 12 dicembre 2022. Formatasi all’Accademia di Brera, con il maestro Marino Marini, si era dedicata dapprima alla scultura nel gruppo di Alik Cavaliere, Giancarlo Sangregorio, Aldo Caron, Bianca Orsi e Isa Pizzoni, prima di approdare alla pittura, dapprima materica e di rilievi e successivamente informale.
Guidata sempre da una viva “curiositas”, ha lasciato un gran patrimonio d’arte, con cui in altra sede si dovrà fare i conti, ma qui mi sembra giusto ricordarla per un’opera che sembra condensare tutto il suo credo, un libro pubblicato a Como dalla Grafica Marelli nel 2014, sotto un titolo giocoso e significativo, Caos, che raccoglie annotazioni, curiosità, giudizi, consigli, luoghi, fatti e persone, il tutto organizzato spesso senza ordine ma con alcuni centri tematici interessanti ben identificabili e provenienti da fonti ed ambiti diversi (viaggi, libri, discorsi).
Un brogliaccio di molte cose differenti, insomma, uno scartafaccio, forse anche un diario, nato dal “progetto” di dare ordine a ciò che un ordine apparentemente non ce l’aveva, dall’esigenza di mettere a fuoco, memorizzare e conservare, in un gioco tra ragione e sentimento (“La ragione ci fa vedere le cose come sono, il sentimento come vorremmo che fossero”).
Se è vero, come lei dice, che “l’identità si acquista giorno per giorno” e che “Noi siamo la nostra memoria”, Cristiana la sua identità di irregolare, della scrittura non dell’arte, se l’è conquistata parola dopo parola, pensiero dopo pensiero, e alla fine si è fatta davvero “memoria” di se stessa: progetto infinito cresciuto come una tela o un arazzo, non diversamente da tante sue opere pittoriche che chiamano in causa trame che crescono su stesse e si rivelano capaci catturare e irretire lo sguardo dell’incantato spettatore.
VINCENZO GUARRACINO
BIOGRAFIA, biografie · Biografie di persone · Guarracino Vincenzo

Guarracino Vincenzo (a cura di), Il teatro tra passione e missione. Bernardo Malacrida attore, regista e autore, NodoLibri, 2008

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http://www.nodolibrieditore.it/scheda-libro/vincenzo-guarracino/il-teatro-tra-passione-e-missione-bernardo-malacrida-9788871851457-156029.html

Guarracino Vincenzo · Poesie

Magda AZZI FAGETTI, Frammenti e sensazioni. Flash poetici, presentazione di Vincenzo Guarracino, NodoLibri, 2020

vai alla scheda della casa editrice:

http://www.nodolibrieditore.it/scheda-libro/magda-azzi-fagetti/frammenti-e-sensazioni-9788871853307-717792.html

La nuova raccolta poetica di Magda Azzi Fagetti contiene 58 nuovi testi, introdotti – come già nelle precedenti raccolte – da un’attenta e affettuosa disamina di Vincenzo Guarracino, da cui si propone questo passaggio:
«Ecco, Madga, nella poesia non meno che nella sua esistenza, la natura e la vita si capisce che le sente come un miracolo incessante (“una fiaba” addirittura, l’aveva definita già nella lirica I fiori, e qui, in Tramonto, ancora “una favola bella”), che chiede di essere riconosciuto e vissuto intensamente come tale, attimo per attimo, oggi (“nella vecchiaia”, dice fin dal primo testo) non meno di ieri, fin nelle sue minime fibre, nelle sue risorse di ordinario e quotidiano mistero, di cui inebriarsi, con attitudine umile e benedicente: come esperienze da riconoscere nella loro intima bellezza, nel segno della bontà e della solidarietà, nel segno del “cuore”, pena la riduzione dell’esistenza stessa a un “grottesco teatro” di insensatezze ed egoismi e lo scadimento dei rapporti a un mero gioco di ambizioni e fatuità dal fragore insopportabile.»

Biografie di persone · Guarracino Vincenzo

UOMINI DI ONORE di Beppe Puntello, edito da Piero Manni di Lecce, 2019. Articolo di Vincenzo Guarracino (inviatomi il 22 mag 2020)

Uomini di onore (edito da Piero Manni di Lecce, 2019, e vincitore del
Premio “Angeli nel cielo del Cilento”, “F.Esposito”- Ceraso, Cilento,
2009) è un’ampia e ambiziosa narrazione, un vero e proprio affresco
storico, che mette in scena fatti e personaggi dotati di un concreto spessore
storico e al tempo stesso di un’avvincente qualità romanzesca, anche se è
ben diversa dal tradizionale romanzo: diversa sia per la materia
rappresentata, sia soprattutto per la tecnica espressiva adoperata.
Prima di vedere cosa narra, è bene dire due parole su chi è Puntello. Beppe
Puntello è un attempato signore, un medico, che ha trascorso la vita,
godendosela anche (beato lui!), tra istituti di ricerca, istituti scolastici e
campi di golf, conservando un’invidiabile capacità di sorridere di sé e
degli altri, e che finalmente ha trovato l’ardire di mettere allo scoperto la
sua passione segreta per la scrittura.
Al golf-club di Montorfano, nei pressi di Como, lui è di casa, certamente,
da almeno un quarantennio; ma, ora, più che altro, lo frequenta per
intrattenersi con amici non sempre compiacenti, ai quali propina la lettura
pagine su pagine del suo interminabile libro.
A pensarci è un fatto davvero singolare che anche un altro Grande
Siciliano, il “Siciliano di ghiaccio”, come lo chiamavano per ripicca le
signore dell’epoca, ossia Giovanni Verga, abbia pensato e descritto la sua
epopea dei Vinti, I Malavoglia, lui pure qui al nord, tra il Sacro Monte di
Varese e le mondane raffinatezze di Villa d’Este. Si vede che è un destino
dei siciliani vivere al nord con mente e cuore a sud: la vita, più che viverla,
la sognano e la scrivono, evidentemente.
Ad esservi narrato, o per meglio dire rappresentato, è una storia di
famiglia, che trova il suo punto di riferimento in un luogo, il baglio, una
casa padronale di campagna, vero e proprio cuore pulsante di tutto il libro,
intorno a cui ruotano eventi e personaggi. Il tutto, sulla scena della Sicilia
occidentale, nello spazio cruciale di un quarantennio, a partire cioè dal
1860 fino al 1899.

Una storia vera, dunque, su una scena vera e con uomini veri, che viene
fatta emergere dallo scrigno della memoria attraverso le parole del
protagonista, un Innominabile, un “Uomo d’Onore”, vero e proprio “deus
ex machina” di tutta quanta la vicenda, che nel narrare la sua vita
emblematicamente riassume e condensa la parabola di una casta,
privilegiata ma non per questo non illuminata e responsabile, dotata com’è
di un innato senso della giustizia, che la sua parte l’ha recitata fin quando
non si è vista soppiantare da uomini infidi e senza scrupoli, spogliata
progressivamente delle proprie prerogative, su una scena in cui a dominare
è stata sempre più la politica e l’uso più spregiudicato del potere.
Ne viene fuori così una Sicilia (del corno più occidentale dell’Isola, il
meno esplorato e descritto dagli scrittori), niente affatto convenzionale,
con luoghi e personaggi reali e al tempo stesso coi suoi riti e i suoi schemi
mentali e sociali, oltre che con i rapporti economici e familiari calati nella
vita quotidiana (un ruolo non marginale lo gioca il sesso), drammi e trionfi
di un composito universo rusticano, di contadini, nobiltà di provincia e
“fimmini”, autentiche vestali queste ultime del tempio che è il baglio: cose
tutte che vengono rappresentate e “drammatizzate” in presa diretta, con
grande realismo, nell’incontro-scontro tra i diversi personaggi, penetrando
fin nei segreti del letto coniugale.
Il risultato è una sorta di “documento umano”, non privo anche di punte di
gustoso bozzettismo, che acquista via via un autentico valore
antropologico: il documento di un passaggio storico da una concezione del
Potere, autorevole e paternalistico, a quello, perverso, alternativo e
malavitoso, della Mafia (qui mai nominata ma aleggiante come un
fantasma), dalle ceneri cioè di una casta, o meglio di una “razza”, quale
quella degli “Uomini d’onore”, incarnazione stessa della Legge, alla
drammatica realtà dell’Arbitrio eretto a Legge, all’avvento di “Uomini
senza onore”, con una verità che non trova uguali in altre opere più o meno
recenti.
È un romanzo di “voci”, polifonico, da ascoltare più ancora che da leggere,
fatto essenzialmente di un intrecciarsi fitto e avvolgente di dialoghi tra
Protagonista e comprimari, attraverso cui si sollecitano e risvegliano
memorie e si dà corpo a vicende e personaggi, che vivono non solo del
loro specifico valore storico e referenziale, ma anche soprattutto attraverso
le prismatiche sfaccettature dei diversi punti di vista. Un dialogato che

prende il sopravvento sulle descrizioni e crea un racconto vivo e
drammatico da dare l’illusione più di un’azione teatrale che di una
narrazione.
Si tratta, certo, di una tecnica narrativa non nuova (quella dei “racconti
intorno al fuoco” dei grandi realisti dell’800, dei Russi e dei nostrani
Veristi), ma qui è di grande efficacia per il fatto che si conservano non
solo colore e la sintassi del parlato, ma anche e soprattutto le parole e il
modo quasi di gestire dei protagonisti, la “verità” insomma di un codice
espressivo, che è fatto non solo di termini dialettali (non solo del siciliano,
bensì anche del lombardo, del livornese, del modenese), ma anche di
silenzi e allusive ambiguità.
Ne deriva una rappresentazione (non uso a caso questo termine, parendo
tutto il testo una sorta di copione pronto per una rappresentazione teatrale
o cinematografica), che coinvolge molto e avvince, ancorché imponga al
lettore una continua attenzione col rischio di non riuscire a coglierne i nodi
essenziali ove si adoperi una lettura rapsodica (ma era un difetto
rimproverato anche al Verga!).
Evoco la figura del Verga solo perché qui è del mondo siciliano rusticano
che si parla, ma senza alcuna concessione al tragico o patetico che sia di
una condizione da “vinti”. Si potrebbe chiamare in causa anche meglio
Tomasi di Lampedusa, perché l’Innominabile ha molti punti di contatto
con il Principe di Salina, non perché sia modellato su quello ma perché qui
è lo stesso ambiente, le stesse grandi problematiche che si riscontrano
anche con quel grande libro, sia a livello di grande che di piccola storia, e
per giunta nello stesso lasso cronologico.
Proprio in riferimento a quest’ultima considerazione, si potrebbe
addirittura azzardare la definizione di “Gattopardo di campagna”, per
inquadrare e comprendere in qualche modo protagonista e personaggi di
questo Uomini di onore.
Questo per dire che, ancorché sembri vivere nella scia di altri libri, di
quelli Verga, di De Roberto o di Tomasi di Lampedusa (ma ancor più forse
di Cechov e Turgenev), questo libro è veramente un’altra cosa: qui c’è una
verità che in quelli, opere eminentemente letterarie!, forse non c’era,
essendo stato ripescato dal pozzo delle autentiche memorie, familiari e

sociali, senz’altro schermo se non la fierezza delle origini e la volontà di
narrare una Sicilia “vera” oltre ogni schematismo e sociologismo.

Guarracino Vincenzo · Ricordare

Un ricordo per me prezioso perché è il ricordo di un Testimone, SANDRO LUKACS, scrittore di origine ebraica vissuto a Como, recentemente scomparso …, memoria di Vincenzo Guarracino, 2020

Evento forte e commovente, lo ha definito così il mio amico Agnello Ogliaroso, autore della foto: si riferiva a un incontro a Villa Olmo, a Como, il 26 gennaio del 2019, in occasione della Giornata della Memoria.
Un ricordo per me prezioso perché è il ricordo di un Testimone, Sandro Lukàcs, scrittore di origine ebraica vissuto a Como, recentemente scomparso, alla fine di dicembre 2019, lasciandoci un preciso e forte messaggio:
 
“Ebrei sono tutti quelli che soffrono, umiliati della storia, esuli”

È morto alla vigilia del nuovo anno 2020 e alle soglie del suo 98° compleanno, Alessandro Sandor Lukàcs, medico e scrittore, lasciandoci in eredità ben quattro libri, scritti in età ragguardevole, Via Mala (2001), Un’agente segreta a Mauthausen (2002),  Il Talmudista (Libri Bianchi Editore, 2009) e per ultimo un’antologia, traduzioni con testo a fronte, Liriche del primo Novecento ungherese (2019), che ripercorre la poesia magiara novecentesca attraverso 9 autori (Ady Endre e Attila Jozsef, su tutti), a testimonianza di un tenace radicamento nella cultura ebraica e ungherese e in omaggio alla purezza di un passato non rimovibile, neppure nei suoi aspetti più tragici.
Nato nel 1922 a Ujpest, in Ungheria, Sandòr Lukàcs, per colpa delle leggi in vigore nel suo paese che gli avevano impedito di continuare gli studi, era stato costretto a svolgere i più diversi mestieri, compreso il calzolaio. Deportato nel 1943 prima in Romania e, dopo una fuga fallita, in un sottocampo di Mauthausen, in Austria, si era trasferito dopo la fine della guerra in Italia e con l’aiuto del fratello medico si era laureato in medicina e chirurgia a Pavia.
Ottenuto la cittadinanza italiana nel 1962, fino al 1971 aveva lavorato presso la Clinica Odontoiatrica dell’Università di Milano, per poi approdare all’Ospedale Sant’Anna di Como in qualità di primario, fino al pensionamento.

Dei tre romanzi, usciti i primi presso un editore comasco (Ibis) e il terzo presso un editore milanese (Libri Bianchi),  a rivestire la più grande importanza, sia per la materia che per i motivi ideologici e morali che lo tramano, è soprattutto Il Talmudista, una storia di grande forza e verità, posta all’insegna del perdono, simboleggiato dal Kol Nidré, la preghiera recitata in sinagoga prima dell’Espiazione, collocata proprio in apertura quale emblema della riconciliazione dell’autore col proprio passato.
Una tessera ulteriore al mosaico della grande letteratura sulla Shoà, che pone molti interrogativi, posto com’è al termine di una vera e propria trilogia della memoria: come per liberarsi da un peso insopportabile, nella convinzione che “tutti i dolori sono sopportabili, se li metti dentro una storia”, giusto l’esergo della Blixen.
Un libro di dolorosa sostanza autobiografica, dunque, ancorché dissimulata sotto vesti romanzesche, in cui si mette il dito su una ferita ancora aperta e cui ci si sforza di dare faticosamente e coraggiosamente un volto e un nome. “Si impiegano decenni per ricordare quello che si voleva dimenticare”, ammette l’autore che dall’alto delle sue, all’epoca, 88 primavere può ben consentirsi di guardare al suo passato, costellato da non pochi lutti e sofferenze (ben nove membri della sua famiglia deportati a Guskirchen e due soltanto, lui e un fratello, sopravvissuti), dopo averne elaborato e assimilato i fantasmi.
Il libro racconta il dramma di Josif, uno “impegnato da una vita nello studio dei testi sacri” e che cerca Dio non “come espressione etica della religione rivelata”, ma “solo come compagno di strada durante le lunghe marce da un Campo all’altro” (come si dice nel risvolto), consapevole che solo nel colloquio con Lui può annegare l’orrore per la ferocia di cui lui è vittima in quanto espressione di un popolo perseguitato.
Sfuggito al campo di Mauthausen e disperato, al punto da essere tentato di di porre termine alle sofferenze con la morte, viene salvato da una donna, una nazista, che lo accoglie nella sua casa e insieme vivono un’esperienza d’amore, che si tramuta per entrambi in un’occasione di riscatto. Tutto avviene in una notte, che cambia il corso dell’esistenza ad entrambi. È grazie a Judith, si chiama così la donna, che Josif ricupera il senso della vita e un nuovo sguardo sul mondo al termine di uno stringente e drammatico colloquio, un vero e proprio psicodramma, che chiama in causa il suo stesso essere ebreo. “Chi è un ebreo? Lei che lo è, può dirmelo”, gli chiede Judith, e lui: “Ebrei sono tutti quelli che soffrono, umiliati della storia, esuli. È questo l’ebreo e prima poi tutta l’umanità potrebbe esserlo”. Ma lui stesso è per la donna l’occasione di un riscatto dal delirio dell’ideologia che l’ha condizionata per una vita. “Se si può diventare nazisti durante un’esperienza di vita, allora si può ridiventare uomo in una sola notte”, è questo, dice l’autore, il filo conduttore così di questa storia, come di tutte le storie.
L’alba li troverà entrambi, l’ebreo e la nazista, accomunati da due cose: dalla consapevolezza di essere stati toccati dalla misericordia del Signore (per “ricordare che l’umanità merita di sopravvivere”) e dalla responsabilità, dal dovere morale di testimoniare la conquista di una nuova umanità, attraverso l’amore che da quel momento li legherà indissolubilmente, per sempre, su quegli stessi campi in cui sono sepolte e custodite per sempre le ceneri di vittime e carnefici.

Biografie di persone · COMO città · Guarracino Vincenzo · Spallino Antonio · STORIA LOCALE E SOCIETA'

In ricordo di ANTONIO SPALLINO (III e IV): lo stile dell’uomo | di Vincenzo Guarracino in LimesLettere

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In ricordo di ANTONIO SPALLINO (III) | LimesLettere

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Biografie di persone · Guarracino Vincenzo · Politica locale - Como · Spallino Antonio · STORIA LOCALE E SOCIETA'

IN RICORDO DI ANTONIO SPALLINO Como, 1° aprile 1925-28 settembre 2017, a cura di Vincenzo Guarracino

Vincenzo Guarracino

DA https://limeslitere.wordpress.com/2020/04/01/in-ricordo-di-antonio-spallino-como-1-aprile-1925-28-settembre-2017/?fbclid=IwAR0ytw6F9NhOwSZUtAK8Q-WaFtw668QpvUwFJ58eobI9lOnd-EeSupAkUQE

IN RICORDO DI ANTONIO SPALLINO
Como, 1° aprile 1925-28 settembre 2017

UN PERSONAGGIO A TUTTO CAMPO:AMMINISTRATORE, INTELLETTUALE E SPORTIVO

I.

Per molti, a Como, è rimasto “il Sindaco” per antonomasia, avendo ricoperto questa carica per tre mandati dal ’70 all’’85, interpretando la politica come servizio, con serenità e rigore, al punto da imprimere una fisionomia ben precisa alla città con interventi decisivi e fortemente innovativi (per tutti, la famosa Città Murata e la Spina Verde).
Uomo politico, sportivo, dirigente e intellettuale, era nato a Como il 1° di aprile del 1925, dove è morto il 28 settembre 2017.
Personaggio di indiscusso e prestigioso passato, è stato molte cose contemporaneamente: amministratore, politico, sportivo, dirigente, pubblicista, bibliofilo.
Impegnato in politica fin dagli anni ’60 nelle file della Democrazia Cristiana, nella quale aveva militato già suo padre, il senatore Lorenzo, è stato assessore all’urbanistica per il comune di Como dal 1965 al 1970 e poi Sindaco per tre mandati dal 1970 al 1985. Tra il ’77 e il ’79, era stato chiamato a far fronte al disastro ecologico dell’Icmesa di Seveso, in Brianza in qualità di Commissario straordinario della regione Lombardia.

Straordinaria, tra scherma e alpinismo, la sua carriera di sportivo. Nella scherma, era stato campione italiano assoluto di spada nel 1949, di fioretto nel 1958, campione del mondo a squadre di spada nel ’49 e di fioretto nel ’54 e ’55, e inoltre aveva vinto tre medaglie olimpiche, tra Helsinki nel ’52 e Melbourne nel ’56.
Nell’alpinismo, aveva fatto due scalate direttissime, l’una su roccia (1955), l’altra su ghiaccio (1956), nel gruppo dell’Ortles, in Alto Adige.

Come dirigente sportivo, era stato Presidente dapprima del Panathlon club di Como dal ’70 al ’74, e successivamente del Panathlon International dall’’88 al ’96, oltre che vice presidente del Comitato Internazionale “fair play”.

Presidente del Centro di Cultura Scientifica “A.Volta”, fin dalla sua origine nel 1981, è stato autore di importanti pubblicazioni che abbracciano ambiti diversi: dall’urbanistica, alla scherma, alla critica letteraria, alla poesia, alla bibliofilia.
Tra questi, vanno ricordati: Una frase d’armi (1997), sulla sua carriera di sportivo, “Ma perché tu non mi creda libero” (2001), sull’amore per i libri, e La Bibliothèque Moselliana. Les livres d’escrime (2005), monumentale compilazione su quanto è stato scritto nel tempo sul tema della scherma; oltre ciò, una raccolta di liriche, Le sepolte voci (1992), e la rivista di poesia e di critica letteraria “Sentimento”, di breve ma luminosa vita, pensata e realizzata nell’immediato dopoguerra, nel 1946, assieme ad alcuni amici (tra i quali, Francesco Somaini e Morando Morandini).
Nel 1995 gli era stata assegnata dalla città di Como l’onorificenza dell’Abbondino d’oro.

Poliedrico e versatile, dunque, dalle molteplici applicazioni e competenze in ambiti diversi e apparentemente contrastanti, in ognuno rivelandosi capace di far tesoro dell’esperienza acquisita per riversarla in un armonico insieme.
Con in più il dono di saper coltivare e trasmettere un patrimonio di memorie, suo e di un’intera generazione, per mezzo della scrittura, lasciando trasparire attraverso la sua filigrana la dote di talenti ricevuti e posti a frutto e tali da comunicare agli altri la forza e ricchezza del suo stesso sistema di valori.
Il tutto, restando sempre fedele a una propria riconoscibile cifra esistenziale, intellettuale e soprattutto morale, corroborato da una serena fede fondata sui valori essenziali, quelli che lo sostenevano a livello intimo e privato ed erano non meno necessari nella vita pubblica: volontà di capire per incidere e cambiare, con competenza tecnica e sensibilità sociale, in una prospettiva trascendente, cercando di conciliare realismo e utopia, senza comunque farsi illusioni sui risultati del suo impegno, consapevole com’è dell’arditezza della sua sfida e rispettoso sempre della qualità dei suoi interlocutori.

CONVEGNI, incontri, dibattiti, corsi, festival · Guarracino Vincenzo · Poesie

Laura GARAVAGLIA, La presenza viva delle cose. Living Things. Presentazione: giovedì 12 marzo 2020 a Villa del Grumello, ore 20,30. L’autrice dialogherà con Vincenzo Guarracino

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