Silenzio
meriggioso infranto
da un ronzio
frenetico di indaffarato lavoro.
Api
- Ascolta il Ronzio d’api

Silenzio
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da un ronzio
frenetico di indaffarato lavoro.
Api
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ROSARIA, L’APE SOLITARIA
Le osmie (Osmia sp.) sono Imenotteri Apoidei appartenenti alla famiglia dei Megachilidi. Vengono dette “api solitarie”, perché, a differenza delle api da miele, non vivono in società, e ogni femmina si riproduce per conto proprio. Sono, però, gregarie e amano nidificare in gruppo.
Raccolgono il polline non sulle zampette posteriori, come le api o i bombi, ma sulla parte ventrale dell’addome (la pancia). Volano dalla primavera precoce a giugno, e prediligono raccogliere il polline dalle Rosacee, una famiglia botanica alla quale appartengono molte piante ornamentali, come la rosa e il biancospino, e molti alberi da frutto, come mandorlo, albicocco, pero, melo, susino e ciliegio.
Di tutte queste colture queste piccole api sono ottimi impollinatori. Difficile vederle in azione proprio perché volano quando per noi fa ancora troppo freddo per le passeggiate. Difficile vederle perché il loro volo è molto veloce, e le visite ai fiori rapidissime. Difficile vederle anche perché i pesticidi, la mancanza di fioriture spontanee e di siti di riproduzione ne hanno decimato le popolazioni.
Ecco perché EUGEA ha deciso di allevare le osmie, per offrire la possibilità di osservare da vicino la meraviglia del rapporto tra fiori e insetti, la cura e la fatica di esseri così piccoli per allevare la prole; per offrire una piccola, ma significativa, possibilità di recupero ad un ambiente, anche urbano, che ha bisogno di riscoprire il rapporto con le cose e i tempi della natura.
COSA POTETE OSSERVARE?
Le osservazioni di un aspirante entomologo o di un semplice curioso della natura sono tante! Dapprima vedrete sfarfallare (si dice così) i maschi, più piccoli e snelli e con un buffo ciuffetto di peli bianchi sul musetto, a mo’ di baffetti. I maschi continueranno ad entrare ed uscire dal cubetto delle femmine, che usciranno dopo diversi giorni, si accoppieranno, e sceglieranno una cannuccia che diventerà il loro nido.
Ciascuna femmina marca con odori il proprio tunnel, ma ogni tanto qualcuna tenta furbescamente di deporre il proprio uovo sulla provvista di polline e nettare di un’altra femmina (vi ricorda comportamenti che conoscete tra gli umani?). Sentirete allora buffi ronzii e rumoreggiamenti che testimoniano la discussione in atto sulla proprietà del nido. Di solito la proprietaria scaccia l’intrusa, ma non sempre…
Se osservate da sotto le femmine in arrivo con il bottino di polline e nettare, le vedrete colorate di giallo, verde, rosso, a seconda di quale pianta stiano visitando. Potete anche divertirvi (solo occasionalmente, dopo che siete sicuri che la femmina sia già ben insediata nella casetta) a mettere pezzetti di foglia all’entrata del tunnel mentre la proprietaria è fuori: la sentirete brontolare e darsi da fare animatamente per buttar fuori l’oggetto, e voi avrete più tempo per osservare la grazia e, al tempo stesso, la frenesia del suo lavoro.
Al ritorno dal viaggio di raccolta, la femmina compatta il bottino già racimolato con il capo, poi si gira (per farlo a volte esce dal tunnel e rientra a marcia indietro) e deposita il prezioso carico con le zampe posteriori: spesso il polline resta appiccicato al musetto della femmina, che potrete vedere riposarsi all’ingresso del tunnel con una simpatica maschera color polline. Finita la provvigione, deposto un uovo, la femmina chiude la celletta costruendo pazientemente una parete di fango, che trasporta tra le mandibole. Nel giro di una decina di giorni ogni femmina completa un tunnel (con 5-10 cellette ciascuno) e costruisce con molta cura un tappo finale, ..incurante del vostro grande occhio che la guarda…Poi sceglierà un altro tunnel, fino a completare la deposizione delle uova di cui dispone, che sono circa 30. Le larvette schiuderanno dopo una settimana circa, cresceranno consumando la provvigione e, compiute 5 mute, tesseranno il bozzolo, all’interno del quale trascorreranno tutta l’estate. A fine agosto-settembre, finalmente, la metamorfosi in adulto, una nuova piccola osmia che se ne starà chiusa al sicuro nel bozzolo, in attesa che passino l’Autunno e l’Inverno.
E Rosaria? Alla fine del periodo riproduttivo, la femmina terminerà il suo ciclo vitale (dopo 30-40 giorni dalla fondazione del nido), non senza aver lasciato in custodia a Voi la sua preziosa progenie.
COSA FARE CON LE CANNUCCE?
Ritirate le cannucce chiuse con il tappo finale di fango dopo un paio di mesi, e comunque subito dopo che l’ultima osmia avrà finito di volare. Conservatele in un luogo riparato (in garage andrà benissimo), chiuse in una vecchia federa di cotone.
Non chiudetele in sacchetti di plastica perché ammuffirebbero. A novembre dicembre la nuova generazione di osmie va messa a svernare…in frigorifero (3- 4 °C)! L’anno dopo potreste avere una vostra popolazione, per la quale però il numero di cannucce rimaste sarà insufficiente. Inoltre, non rinnovare il materiale di nidificazione porta, nel giro di breve tempo, allo sviluppo di parassiti (acari). Per tutte queste ragioni, se non sapete come fare, potete rispedirle a EUGEA, utilizzando una busta di carta. Se impiegate una di quelle imbottite, abbiate cura di praticarvi piccoli fori per fare respirare gli insetti nei bozzoli.
I COINQUILINI
Se lascerete le cannucce non occupate a disposizione della Natura per tutta l’estate potreste avere la fortuna che qualche altra specie selvatica decida di usufruire del vostro nido. Sono specie in declino, e il vostro nido può costituire una piccola, essenziale, differenza. Distinguerete le diverse specie dalle dimensioni, dal colore, dal tipo di volo, e, in alcuni casi, dal diverso materiale utilizzato per la costruzione dei setti e la chiusura finale: fango, per alcuni, ma lavorato diversamente, fili d’erba secchi, ritagli di foglie. Che nome dargli? Ci vuole uno specialista, e anche in questo caso, se volete, ce le potete inviare.
NON C’E’ D’AVER PAURA
Le osmie femmine posseggono il pungiglione, ma non sono aggressive.
Se le infastidite nei pressi del nido sono loro ad andarsene. Tuttavia, non prendetele in mano:. la puntura è poco dolorosa (come un foro di spillo), ma è meglio evitarla (specie se siete allergici alla puntura di api). I maschietti, invece, non pungono, ma se li stringete vi mordicchieranno le dita con le loro mandibole a spatola, robuste abbastanza da tagliare il bozzolo al momento di uscire…ma non da farvi male.
DOVE POSIZIONARE LA CASETTA
La casetta va posizionata ad almeno 1,5 metri da terra, esposta ad Est o Sud. L’ideale è sotto una sporgenza, che riparerà la casetta sia dal troppo sole che dalla pioggia. All’uscita di un porticato andrà benissimo, sotto un davanzale, sotto un terrazzo. Può essere appesa anche ad un albero, purchè sia ben fissata, per evitare che dondoli troppo se tira vento. Non cambiatele posizione!.
La casetta di Rosaria è stata assemblata dai ragazzi diversamente abili della Cooperativa ASSCOOP di Bologna.
Si può acquistare su http://www.eugeastore.com, nel reparto Osmie:http://www.eugeastore.com/department/4/3-Osmie.asp
Il fenomeno della moria degli uccelli nel mondo presenta una strana analogia…
Ho chiesto agli operatori del WWF di procurarmi dei semi dal gozzo delle tortore morte. Intendo mandarli a qualche laboratorio perché facciano un’analisi di questi semi per vedere che cosa c’è. Potrebbe anche darsi che il prodotto dato ai semi sia così labile che a distanza di tempo non lo si ritrovi più e in questo caso sarebbe uno scacco, nel senso che non potremo più dire nulla, ma per ragioni della sensibilità strumentale. Certo farò un’indagine molto approfondita su molti altri fronti. Cercherò di capire anche quali sono i processi industriali e se questi presuppongono la permanenza di eventuali inquinanti sul seme oppure se nel corso di questo processo questi inquinamenti scompaiono allora non si capirebbero perché queste tortore siano morte. Siamo di fronte a una sorta di giallo che tenteremo di risolvere attraverso l’analisi di questi semi che sembrerebbero essere collegati con la mortalità delle tortore.
da: LifeGate | Il giallo delle tortore. Il professor Celli indaga.
In silenzio e in tutto il mondo, miliardi di api stanno morendo, mettendo in pericolo le nostre coltivazioni e cibo. Ma un divieto globale di un gruppo di pesticidi potrebbe salvare le api dall’estinzione.
Quattro paesi europei hanno cominciato a vietare questi veleni, e alcune popolazioni di api si stanno riprendendo. Ma le industrie chimiche stanno facendo pesanti pressioni per mantenere i pesticidi killer sul mercato. Un appello globale ora negli Stati Uniti e nell’Unione europea, dove il dibattito sta per arrivare al punto di ebollizione, potrebbe innestare una messa al bando totale e la reazione a catena in tutto il mondo.
Costruiamo un gigante ronzio globale per chiedere che questi prodotti chimici pericolosissimi siano messi fuori legge negli USA e nell’UE finché e qualora sia certificata la loro sicurezza. Firma la petizione per salvare le api e le nostre coltivazioni e inoltrala a tutti.