Cosa stai guardando?
Mi aiuti a capire?
Per ora il mio sguardo si posa su di te
ed il tuo si dilegua in un “Non so”.

Cosa stai guardando?
Mi aiuti a capire?
Per ora il mio sguardo si posa su di te
ed il tuo si dilegua in un “Non so”.
Voglio giocare con la linea
che si staglia ora
nel mio orizzonte
Inizio io e tu mi segui?
Cosa guardi?
C’è per caso qualcosa che non vedo?
Una piega, un’ombra, un filo di luce?
Forse un pensiero.
Un pensiero per te.
Per un cane
in ANTONIA POZZI, Desiderio di cose leggere, a cura di Elisabetta Vergani, Salani editore 2018
Sei stato con noi per undici anni
Una sera siamo tornati:
eri disteso davanti al cancello
il muso nella polvere della strada
le zampe già fredde, il dorso
tepido ancora.
Ora sei tutto
nella buca che ti abbiamo scavata.
Ma gli undici anni
della tua umile vita
il gemere
per ognuno che partiva
il soffrire di gioia
per ognuno che ritornava
e verso sera
se qualcuno
per una sua tristezza
piangeva
tu gli leccavi le mani:
oh gli undici anni del tuo amore
tutto qui
sotto questa terra
sotto questa pioggia
crudele?
Esitavi
sulla ghiaia umida:
sollevavi
una zampa tremando
Ora nessuno ti difende
dal freddo,
Non ti si può chiamare
non ti si può più dare
niente.
Sole le foglie fradicie morte
cadono su questo pezzo
di prato.
E pensare che altro rimanga
di te
è vietato:
di questo il nostro assurdo
pianto si accresce.
trascritta da per un cane – Remo Bassini
La piccola infermeria allestita in cucina non esiste più.
Le due siringhe di diversa capienza, una per i liquidi, l’altra per il cibo, sono finite nel sacco giallo della plastica.
Conosco ancora a memoria la sequenza: al mattino la siringa di apis, durante il pomeriggio e la sera le tre siringhe di brionia (tutte seguite da 3 spruzzi di argento), quattro volte al giorno massaggino sul collo con le gocce di arnica.
Nel giro di venti giorni questi provvidenziali trattamenti avevano risolto il problema più fastidioso di Luna, ovvero la terribile infiammazione in bocca che le continuava a procurare scialorrea e, probabilmente, prurito e dolore considerato lo sfregamento intermittente e lo storcimento delle labbra. Da un anno la sua stomatite non le dava requie: ogni due mesi cortisone e antibiotico diventavano sempre più inefficaci.
Paradossalmente quando la bocca è finalmente diventata rosea, qualcos’altro non è riuscito a risolversi. Il grosso…
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mi scrive su facebook Sara Canedoli:
Io ho amato e sono stata vicina a molti gatti (non gli unici animali, ma anche). Ogni volta che uno ci ha lasciati, era come tutto il dolore del mondo compresso in uno spazio tempo molto limitato, il nostro. Quindi insopportabile, perché troppo piccolo per permettere a quel dolore di esprimersi; ma anche gentile e da ringraziare, proprio perché piccolo e compresso (mi sono spesso chiesta: “riuscirei a sopravvivere a questa fitta insopportabile, se potessi viverla senza spazio e senza tempo, se avessi tutto il tempo del mondo per viverla, se non avessi nessuno intorno che mi chiede di tornare al presente?”. Forse no, forse il nostro mondo fisico ci aiuta un po’, nel contenere le emozioni quando sono troppo forti). Però questo dolore è sempre stato mischiato con un’altra sensazione, contrapposta al dolore per la sua forza e la capacità di dare tenacia, e soprattutto vivissima: la forza del legame, diffusa in centinaia e migliaia di ore di cura, di energia reciproca scambiata. Tutte quelle ore non spariscono. Quasi mai nessun gatto se n’è davvero andato quel giorno in cui ha smesso di essere nel corpo: qualcuno mi viene a trovare ancora in sogno, i gatti che ho amato e che non ci sono più in realtà ci sono ancora… nella carezza che do’ al gatto che ho amico in corte, nel come guardo un cane mentre gioca col padrone, nel come sento sulla pelle la stessa sensazione tattile di chi tocca un’animale anche se lo osservo in una foto, in un filmato. Come fossero esattamente mie le mani di quello sconosciuto che lo sta accarezzando. I miei gatti sono in tutte queste cose, e molte altre ancora. Spero rimarranno anche per lei come presenza viva e diffusa nel futuro a venire.