Tartarugosa

la stanza che dà sul centro storico di Como: data indefinibile

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Noi · Tartarugosa

TartaRugosa legge TartaRugosa Il ragazzo in gabbia Riproduzione: 4-2-1967 (per la serie “Pagine dal passato”)

Tartarugosa

Quadri nella confortevole tana che dà sul centro storico di Como

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a: da classificare · Tartarugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di: Andrée Bella (2014), Socrate in giardino, Passeggiate filosofiche tra gli alberi, Ponte alle Grazie, Salani Editore, Milano | TartaRugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di: Andrée Bella (2014), Socrate in giardino, Passeggiate filosofiche tra gli alberi, Ponte alle Grazie, Salani Editore, Milano

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TartaRugosa ha letto e scritto di: Andrée Bella (2014), Socrate in giardino, Passeggiate filosofiche tra gli alberi, Ponte alle Grazie, Salani Editore, Milano | TartaRugosa.

Tartarugosa · via Cinque Giornate · via Vitani

Via 5 Giornate, angolo Via Vitani

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Centro Storico di Como · Tartarugosa · via Cinque Giornate

il centro storico di Como: l'angolo Via Vittani / Via 5 Giornate

a: da classificare · Tartarugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di: Georges Perec (2011), Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, Libri Piccoli Voland, A cura di Alberto Lecaldano

Avatar di Paolo FerrarioLUOGHI del LARIO e oltre ...

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Georges Perec (2011)

TENTATIVI DI ESAURIMENTO DI UN LUOGO PARIGINO, editore Libri piccoli Voland)

a cura di Alberto Lecaldano

Il progetto avrebbe dovuto durare dodici anni, ma non si concluse.

L’idea, secondo Perec, era di osservare piazza Saint-Sulpice in diversi momenti della giornata e di prendere nota di tutto quello che vedeva.

O meglio “…quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole”.

Il tentativo dura tre giorni.

Questa idea è entusiasmante. Finalmente un punto di connessione tra uomo e rettile.

Anch’io passo lunghe ore ad osservare ciò che accade, ma, a differenza di Perec, il tentativo non si esaurisce in tre giorni. Per me dura almeno sei mesi all’anno.

Alterno le visioni di Georges…

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ORTO: lavori, cure, manutenzione · Tartarugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di: Silvia Bonino (2012) Il mio giardino semplice, De Vecchi Editore | da TartaRugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Silvia Bonino, 2012

Il mio giardino semplice

De Vecchi Editore

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Noi tartarughe siamo semplici e ostinate. Sarà forse dovuto al fatto che metà del nostro tempo lo trascorriamo in ozio meditativo, riportando alla memoria quanto osservato nella vita trascorsa sopra, anziché sotto, le radici. E quest’anno molti sono stati gli accadimenti da ri-analizzare: ci vogliono anche gli strumenti appositi e sicuramente la visione del giardino fornita dagli occhi di una psicologa aiuta a districarsi nel corso degli stravolgimenti atmosferici.

Che come tartaruga potrei avere molto da raccontare a livello autobiografico, risalendo alla storia dei miei avi vissuti in epocali ere geologiche … ma il tempo a disposizione è quello che è, per cui diventa molto più interessante assistere alle manovre difensive dei miei amici umani e immagazzinare i consigli di Silvia Bonino.

Il suo libro, infatti, è stato pensato e realizzato per il pubblico infantile, quindi non solo i suggerimenti sono lineari e abbordabili anche dal mio rudimentale cervello, ma ciò che accompagna l’intera spiegazione è l’intenzione educativa che dovrebbe giungere all’essere umano sin dalla più tenera età grazie al rapporto con i vegetali.

Le mie conoscenze di psicologia infantile unite alla personale esperienza di giardinaggio mi hanno convinta della necessità di coinvolgere direttamente bambini e adolescenti nella coltivazione delle piante. Si tratta infatti non solo di accostare i soggetti più giovani alla natura, di ampliare la loro conoscenza scientifica del mondo vegetale, di aiutarli ad apprezzarne la bellezza e il valore, di educare cittadini più rispettosi dell’ambiente e della sua storia. Si tratta, in modo molto più profondo, di educare il bambinoattraverso la coltivazione delle piante. … i numerosi insegnamenti non riguardano solo i diversi rapporti con l’ambiente, ma anche altri aspetti più profondi della personalità stessa dell’individuo, del suo modo di pensare e di entrare in relazione con gli altri … di porsi di fronte alla realtà, modi che partono dal mondo vegetale ma al tempo stesso lo travalicano”.

Dunque apprendimenti che tramite l’arte del “giardinaggio casalingo” diventano palestra di vita e insostituibile formazione anche dal punto di vista intellettuale.

Gli obiettivi che il testo si pone sono affascinanti:

  • comprendere l’unità della vita
  • conoscere e accettare il ciclo della vita
  • conoscere e accettare il ciclo delle stagioni
  • imparare a prendersi cura di un essere vivente
  • imparare il senso di responsabilità
  • imparare a tollerare la frustrazione e a pazientare
  • imparare a pensare
  • imparare ad accettare i limiti
  • confrontarsi con la vita reale
  • imparare l’armonia

Le modalità con cui tali obiettivi vengono perseguiti consistono nella presentazione di un tragitto avente come base pochi ma efficaci assunti: che cos’è il giardino semplice; che cosa serve per il giardino semplice; che cosa evitare nel giardino semplice; che cosa fare nel giardino semplice.

L’autrice non trascura il fatto che non tutti possono avere la fortuna di possedere un giardino: i consigli infatti possono essere applicati, con le dovute proporzioni, anche ad appezzamenti minori, dal terrazzo, al balcone, al davanzale di una finestra.

Ciò che è oltremodo incoraggiante riguarda proprio l’aggettivo “semplice”, assolutamente non proposto in forma riduttiva, ma inteso come avvio di comportamenti virtuosi e di pensiero.

Sottolinea Bonino che oggigiorno siamo tutti un po’ vittime di innamoramenti artificiali della natura: è sufficiente recarsi da un florovivaista per poter ammirare innumerevoli varietà di piante e fiori messi in bell’ordine, come se quel risultato fosse la normalità, esattamente riproducibile anche nei propri luoghi abitativi, senza tener conto delle differenze vincolate ad elementi quali l’umidità, l’esposizione alla luce, la composizione del terreno, la temperatura.

La pianta e il suo ambiente costituiscono un sistema complesso, la cui comprensione richiede di tenere conto non solo di una pluralità di elementi, ma anche del fatto che le relazioni tra questi elementi non sono mai determinabili e prevedibili in modo certo, ma solo con un certo grado di approssimazione. Per questo il giardinaggio costituisce un’ottima educazione al pensiero complesso, al ragionamento probabilistico e alla capacità di considerare contemporaneamente diverse variabili”.

In un giardino la cosa più importante è imparare ad OSSERVARE. Addirittura prima di impiantarlo. Accade spesso infatti che tale compito venga delegato all’architetto giardiniere, più propenso a “piazzare” i propri prodotti che a rispettare le caratteristiche dell’ambiente.

Nell’esperienza mia e di TartaRugoso, imparare ad osservare è scaturito dai molti errori commessi quando, assolutamente principianti, ci facevamo catturare dalla beltà dei cespugli fotografati sui libri e ci precipitavamo ad acquistarli. Alcuni arbusti ce l’hanno fatta, altri invece sono diventati parte integrante della terra che non ha saputo, per causa nostra, onorare le loro esigenze.

Abbiamo imparato a scegliere piante che si adattassero alla totale ombra, e ora sappiamo anche che cosa resiste all’impavido sole.

Bonino parla di come sia importante sviluppare la capacità di anticipare, azione che comporta la possibilità di immaginare possibili e diversi scenari futuri. Sostiene giustamente che se si fallisce in questa operazione, gli errori non possono essere riparati in tempi brevi.

Dedicarsi al giardinaggio implica inoltre l’acquisizione del significato del termine”probabilità”, concetto che si applica ben al di là del giardino di casa: “Se si tiene conto che tutta la scienza moderna è di tipo probabilistico, si comprende l’importanza di saper ragionare in termini di probabilità e, soprattutto, di accettare l’insicurezza che ne deriva”.

Questa accettazione è basilare se si vuole imparare ad accettare la frustrazione di variabili insospettate e, soprattutto, a diventare pazienti.

Il luglio del 2013 in questo caso è stato un ottimo maestro. E’ infatti successo ciò che, in un quarto di secolo, avevamo solo sentito narrare: “Non bisogna poi dimenticare le avversità atmosferiche, fra cui la più terribile è la grandine: se talvolta si limita a bucherellare le foglie, altre volte le lacera fino alla completa distruzione, danneggiando anche i rami. Una rovinosa grandinata può compromettere tutta la fioritura e il raccolto non solo di quell’anno, ma anche la fioritura della primavera seguente e la conseguente fruttificazione. … Il giardiniere paziente, allora, ricomincia da capo, trae insegnamento dagli eventuali errori commessi e cerca di non ripeterli, accetta gli eventi sui quali non ha alcun controllo e guarda al futuro con fattivo ottimismo”.

Per dirla ancora con le parole di Bonino, dal punto di vista psicologico “la frustrazione è strettamente connessa alla pazienza: bisogna infatti saper aspettare che un obiettivo si realizzi, dopo aver fatto tutto ciò che era necessario per il successo della propria iniziativa. La pazienza è una virtù fuori moda. Oggi tutti, adulti e bambini, vogliono avere subito tutto, di qualunque cosa si tratti. E poiché questo non possibile, se non in casi molto rari, la depressione e l’infelicità dilagano. Nel caso di un giardino, bisogna imparare a rispettare i ritmi della vita vegetale, che sono lenti e richiedono sovente di pazientare non solo settimane e mesi, ma addirittura anni. … Questa pazienza non è però inerte attesa; è certamente un atto di fede nel futuro, che si sostanzia tuttavia di un lavoro costante e di cure assidue”.

E così è stato anche nel nostro caso. Dopo lo sbigottimento e la rabbia causati dalla grandinata nefasta, è arrivata la voglia della ricostruzione e dello sviluppo del pensiero su come agire e reagire : ”dopo un momento iniziale di irritazione o di sconforto, il fallimento è infatti di stimolo a trovare soluzioni migliori e più creative”.

Le indicazioni e i consigli che Bonino fornisce nel suo libro per mettere chiunque in grado di cimentarsi con la cure del verde sono veramente innumerevoli, comprese numerose schede relative a piante atte ad essere coltivate in climi e spazi difficili lungo tutto l’arco dell’anno.

Il concetto più profondo che trasmette per far sì che il rapporto con il giardino diventi intimo e reciproco (nello scambio del dare e del ricevere) è quello di empatia: “Prendersi cura di un essere vivente – vegetale, animale o umano che sia – significa anzitutto riconoscere e rispondere alle sue esigenze, anche se questo ci costa impegno e fatica. … Per empatia si intende la capacità di comprendere e condividere le emozioni di un altro essere vivente: essa può basarsi sia su segnali esterni sia sulla rappresentazione astratta delle esigenze altrui. La cura delle piante aiuta proprio a sviluppare questo secondo tipo, più evoluto, di condivisione emotiva, basato sulla rappresentazione mentale del vissuto altrui, in questo caso le necessità delle piante”.

Bando quindi alle chiacchiere tipiche dei novelli orticoltori, ognuno così certo delle proprie tecniche: così come non esistono individui ripetibili, altrettanto si può affermare per l’orto-giardino semplice.

Occorre camminare, sostare, guardare, ascoltare, toccare, per capire i reali bisogni del nostro giardino.

Nell’imprevedibilità dei fenomeni, per il momento la natura ancora resiste e ha molto da insegnare a chi la vuole amare, ponendoci “di fronte all’evidenza che la nostra azione sul mondo biologico, del quale siamo parte, non è onnipotente e infinita, ma anzi sottoposta a molti vincoli … avere cura delle piante significa scoprire come, all’interno di certi limiti, ci sia grande spazio al nostro agire, se basato su conoscenze appropriate e su buone pratiche”.

daTartaRugosa ha letto e scritto di: Silvia Bonino (2012) Il mio giardino semplice, De Vecchi Editore | TartaRugosa.

Camminare in COMO città · Natura · Noi · Pensieri · stare · Tartarughe · Tartarugosa · Tempo · tentativi di esaurimento del luogo

TartaRugosa ha letto e scritto di: Georges Perec (2011), Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, Libri Piccoli Voland, A cura di Alberto Lecaldano

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Georges Perec (2011)

TENTATIVI DI ESAURIMENTO DI UN LUOGO PARIGINO, editore Libri piccoli Voland)

a cura di Alberto Lecaldano

Il progetto avrebbe dovuto durare dodici anni, ma non si concluse.

L’idea, secondo Perec, era di osservare piazza Saint-Sulpice in diversi momenti della giornata e di prendere nota di tutto quello che vedeva.

O meglio “…quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole”.

Il tentativo dura tre giorni.

Questa idea è entusiasmante. Finalmente un punto di connessione tra uomo e rettile.

Anch’io passo lunghe ore ad osservare ciò che accade, ma, a differenza di Perec, il tentativo non si esaurisce in tre giorni. Per me dura almeno sei mesi all’anno.

Alterno le visioni di Georges con le mie.

Place Saint-Sulpice

6° Arrondissement, Parigi

18, 19, 20 ottobre 1974

Largo del Ciliegio

Alla sommità della prima proda dell’orto

La prima settimana di primavera 2012

18 ottobre

Patate all’ingrosso

Da un pullman di turisti un giapponese sembra che mi faccia una fotografia. Un anziano signore con la sua mezza baguette, una signora con un pacchetto di dolci a forma di piccola piramide

L’86 va a Saint-Mandé (non gira in Rue Bonaparte, ma prende Rue di Vieux-Colombier)

Il 63 va a Porte dela Muette

21 marzo

Foglie secche

Formiche indaffarate raccolgono briciole

Sul tavolino sotto il ciliegio siedono un uomo e una donna

Zampe bianche e nere

Un miagolio e un lembo di bresaola cade vicino al gatto

Un merlo scava nella terra smossa

Alcuni inciampano. Microincidenti.

Un 96 passa. Un 70 passa.

E’ l’una e venti

Ritorno (probabile) di persone già viste: un ragazzo con un giaccone blu marina che porta in mano una busta di plastica passa di nuovo davanti al caffè

Un 86 passa. Un 86 passa. Un 63 passa.

Il caffè è pieno

Un bambino fa correre il suo cane (tipo Milou) sullo sterrato

E’ l’una e trenta

Sulla sedia sono appoggiati un gilet di panno rosso e un maglione (di cotone) turchese. Penzolano anche un paio di calzettoni (di lana) a righe colorate.

C’è il sole.

Il ciliegio inizia a fiorire.

Zampe marroni. Un piccolo ragno si arrampica sul telo che copre la proda dell’orto

Una buccia di mela golden e un torsolo di pera kaiser. Per me.

Striscia un verme rosa. Probabilmente un lombrico.

Il vento fa muovere le foglie degli alberi

Un 70.

Sono le tredici e cinquanta.

Trasporti SNCF

Le persone del funerale sono entrate nella chiesa

Sono le due e quaranta. Un uomo con il secchio pieno di terra.

Una donna che scopa la piattaforma di pietra e raccoglie le foglie.

Un gatto che dorme con il muso appoggiato fra le zampe anteriori.

Due formiche si contendono una briciola.

Cinguettii di pettirosso che arrivano da lontano.

Calore del sole alto in mezzo al cielo. Sonnecchio.

Ho visto ancora autobus, taxi, auto private, pullman turistici, camion e camioncini, biciclette, motorini, vespe, moto, un triciclo delle poste, una moto-scuola, un’auto-scuola, donne eleganti, vecchi belli, vecchie coppie, gruppi di bambini, persone con borse, con borselli, con valige, con cani, con pipe, con ombrelli, con la pancia, vecchie rugose, vecchi cretini, giovani cretini, dei bighelloni, dei fattorini, degli imbronciati, dei chiacchieroni.

Ritorna l’uomo con un altro secchio pieno di terra.

Passano, in ordine di apparizione, formiche, moscerini, una larva che fuoriesce dalla terra, un merlo che cerca la larva.

Mi sposto di circa dieci centimetri per gustare la buccia della mela.

Ritorna l’uomo con un secchio pieno di terra. E’ il terzo giro.

La donna si riposa sulla sedia e scrive su un grosso quaderno.

Il gatto se n’è andato all’ombra.

19 ottobre

Molte cose non sono cambiate, apparentemente non si sono mosse (le lettere, i simboli, la fontana, lo sterrato, le panchine, la chiesa, ecc.); io stesso mi sono seduto alla stessa tavola.

24 marzo

Sempre sotto il ciliegio, ma sulla pietra.

Una vanga, un rastrello, un secchio di plastica di colore rosso.

Teli di plastica grigia sulle prode.

Dalle pietre spuntano ciuffi di erba. Passano le solite formiche, ma non ci sono più le briciole.

Una donna sposta vasi di cotto con dentro alcune piante grasse.

Un cumulo di erba sradicata.

Ieri, c’era sul marciapiede, proprio davanti al mio tavolino, un biglietto della metropolitana; oggi, ma non è detto che sia nello stesso posto, c’è l’involucro di una caramella (cellophane) e un pezzo di carta difficilmente riconoscibile (più o meno grande come una scatola di “Parisiennes” ma di un blu molto più chiaro).

Sotto il tavolino tre pigne, una scatola contenente concime. Fito Universale. Liquido. Una lucertola senza coda.

Sono le tre. Il cielo è sereno e il sole caldo.

Sul tavolino una macchina fotografica, una bottiglia da 50 ml di plastica. Vuota.

I piccioni sono quasi immobili. E’ piuttosto difficile contarli (200 forse); parecchi sono accovacciati, le zampe ripiegate. E’ l’ora delle pulizie (con il becco, si spulciano il gozzo e le ali); alcuni sono appollaiati sul bordo della terza vasca della fontana. Alcuni persone escono dalla chiesa.

Due gatti sono distesi a 30 cm di distanza. Uno si lecca le zampe. L’altra si passa la zampa destra dietro l’orecchio destro.

Uno sbadiglia. L’altra punta una lucertola con la coda.

E ancora: perché due suore sono più interessanti di due altri passanti qualsiasi?

Dove sono finiti l’uomo e la donna che lavorano la terra?

Un pullman. Giapponesi.

Alcuni individui si riuniscono davanti a Saint-Sulpice.

Intravedo in alto sulle scale un uomo che scopa (è il sagrestano?).

Passa un uomo con un barattolo di Ripolin

Persone persone automobili

Una anziana signora con un bel soprabito impermeabile tipo Sherlock Holmes

La folla è compatta, non c’è quasi più un attimo di calma

Arriva una donna con un contenitore di plastica verde.

Lo vuota.

Bucce di arancia, foglie di carciofi, gambi di insalata. Foglie marce di catalogna. Bucce di patate. Buccia annerita di banana.

Buccia di mela Golden con torsolo annesso. Per me. (Finalmente)

Arriva un uomo con il solito secchio pieno di terra. A questo punto ho perso il conto dei viaggi.

20 ottobre

Passa una signora elegante che tiene, con gli steli in alto, un grande mazzo di fiori.

Passa un 63

Passa una ragazzina che porta due grandi sacchetti della spesa

Un uccello viene a posarsi in cima a un lampione

E’ mezzogiorno

Temporale

Passa un 63

25 marzo

Sul corridoio che porta verso l’orto.

Sono le tredici. In realtà sarebbe mezzogiorno.

Nuvoloso. Sole nascosto e aria un po’ fredda.

Rosmarino. Cespuglio di rose. Lavanda potata. Rosmarino. Cespuglio di rose.

Piccola montagnetta.

Ciuffi di erba. Foglie di tarassaco. Buone.

Progetto di una classificazione di ombrelli secondo le loro forme, i loro modi di funzionare, i loro colori, i loro materiali …

Da una sporta escono delle verdure

Passa un 96

Progetto di lauto pranzo per il mese prossimo: trifoglio, fiori di tarassaco, foglie di malva.

Magari ci scappa qualche lumachetta.

Il vento fa cadere la pioggia che si era accumulata sulla tenda del caffè: scrosci d’acqua

Il cielo è nuvoloso. Scende qualche goccia sparsa.

Forse è giorno di doccia.

Zampe bianche e nere mi sorpassano.

Ha già smesso di piovere.

Un uomo con il braccio sinistro ingessato

Un 63 che eccezionalmente si ferma all’angolo di rue des Canettes per far scendere una coppia di persone anziane

Un taxi DS di colore verde

Sono le diciassette.

E’ tornato il sole.

Un uomo e una donna camminano in fila indiana.

Si fermano davanti al pero. Guardano i fiori bianchi.

Alcune formiche. Due lucertole. Una canna dell’acqua. Tre innaffiatoi.

Il 63

Sono le due meno cinque

I piccioni sono sullo sterrato. Si alzano in volo tutti insieme.

Quattro bambini. Un cane. Un piccolo raggio di sole. Il 96. Sono le due

Sono le diciotto. Sarebbero le diciassette.

Profumo di rosmarino. Un uomo e una donna scendono le scale. Una gatta li segue.

Il ciliegio è tutto fiorito.

E’ ora di andare a dormire. Due lucertole mi tagliano la strada.

L’aria è calda. E’ stata una bella giornata.

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DIARIO di Amaltea · Tartarugosa

TartaRugosa: divagazioni su l’ORA LEGALE, da Francesco Piccolo (2010), MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA’, Einaudi

Il giorno in cui sta per scattare l’ora legale, o solare. … Perché c’è sempre qualcuno, che pure quando gli hai fatto dei disegnini sulla carta, non è convinto, e dice che secondo lui è il contrario: cioè che dormiremo un’ora in più, e non un’ora in meno come dite tutti (o un’ora in meno e non in più). …Quando sbadigli, o dici di aver fame, o sonno, c’è sempre qualcuno che ti ricorda che è logico, perché sono le dieci, ma è come se fossero le undici; sono le due, ma è come se fosse l’una.

TartaRugosa

Sono incredibilmente dipendente dall’ora legale, perché il suo declinare avvicina le tenebre e questo mi causa un leggero turbamento. Questo fatto (la dipendenza) mi mette in una posizione di forza nelle discussioni. Dopo aver allenato il mio cervello a memorizzare che solare è l’orario naturale, mentre legale è quello artificiale, non temo più nessuno. Perché puntualmente anche nei miei dintorni avvengono dibattiti dello stesso tipo sopra riportati: “no, se diventa più buio è perché porti l’orologio avanti, non indietro”. In una sola cosa cedo all’ovvietà: a mezzogiorno guardo TartaRugoso e dico “Beh, inizio ad apparecchiare. In fondo sarebbe l’una”.

da TartaRugosa ha letto e scritto di: Francesco Piccolo (2010), MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA’, Einaudi | TartaRugosa.

GENIUS LOCI · Tartarugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di: Peter Mayle (1989) Un anno in Provenza

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Peter Mayle (1989)
Un anno in Provenza, EDT Edizioni di Torino
Traduzione di Enrica Castellani

C’è qualcosa di magico in questa regione posta al sud della Francia. Il ricordo risale al giugno di tanti anni fa, in un periodo buio e triste fatto di dolore e sconfitta.
Visitare in quel periodo la Provenza è stata una delle esperienze più intense provate a dispetto del malessere dell’anima.
Probabilmente grazie ai colori, ai profumi, al clima secco e ventoso, alla luce intensa e calda. Una vertigine di viola di sconfinati campi di lavanda, di rosso di papaveri capolineggianti in ogni dove, di giallo di girasoli impazziti di luce, di verde di cipressi e di vigneti gonfi di grappoli ancora acerbi …
Lo stesso fascino provato davanti a tele di grandi artisti, che in Provenza hanno saputo trovare, leggere e interpretare impressioni seducenti e fascinose. Van Gogh, Picasso, Cézanne, Gauguin, Nina Simone. Nella diversità delle loro storie, il tratto comune dell’essere attraversati da un luogo che parla ai geni creativi un linguaggio tutto suo.
E in questo tempo d’estate è bello rivisitare la campagna provenzale, oltre che con la memoria,  con il diario di una simpatica coppia inglese che decide di trasferirsi in questo angolo di mondo, narrando avventure e disavventure capitate durante il loro insediamento.
Dalle pagine emergono tutti i tratti forti di caratteri e temperamenti che hanno dovuto adattarsi – e la natura a loro – alle intemperanze della campagna battuta dal vento, al rapido cambio delle temperature,  al sole e al clima secco del periodo estivo.

Provenza … tutto qui è talmente sanguigno! Le temperature vanno da oltre trenta gradi a venti sotto zero, raggiungendo perciò massimi livelli opposti. La pioggia, quando arriva, cade con tale violenza da far sprofondare le strade e chiudere le autostrade. Il Mistral è un vento brutale ed estenuante, terribile d’inverno, aspro e secco l’estate. Il cibo è violento e le erbe profumate sono in grado di provocare un’indigestione in persone abituate a una dieta più tranquilla. Il vino giovane inganna, perché invita a bere, ma spesso ha una gradazione alcolica più forte di quello vecchio, al quale ci si avvicina con maggior cautela.”
C’è poi da aggiungere la condivisione di un’esperienza analoga alla mia: il cittadino che si improvvisa campagnolo e la scoperta della genuinità della comunità locale. Tante righe mi suscitano il sorriso perché le vicende descritte molto assomigliano alle mie, impegnata in estate a rispondere alle più disparate esigenze della vecchia casa che mi ospita e a riscoprire il valore di un gesto, di una parola, di uno sguardo, da chi, diversamente da te, sa come affrontare incidenti di casa e di campo con maggior avvedutezza e spirito di iniziativa.
Il vicinato … assume in campagna un’importanza che non ha in città. … In campagna, lontani dalla casa più prossima magari mezzo chilometro, i vostri vicini fanno parte della vostra vita e voi della loro. Se vi capita di essere stranieri con un tocco di esotismo, siete osservati con più interesse del solito. Se poi, per di più avete occupato un podere agricolo di vecchia data, vi renderete subito conto che i vostri atteggiamenti e le vostre decisioni hanno una precisa ripercussione sul benessere di un’altra famiglia”.
Quando due uomini si ritrovano, il meno che fanno è darsi una stretta di mano; ma se hanno le mani occupate, vi tenderanno almeno il mignolo da afferrare e, se sono sporche o bagnate, vi offriranno l’avambraccio o il gomito. … Ma un’amicizia più stretta richiede maggiori dimostrazioni d’affetto. … si afferravano per le spalle, si davano manate sulla schiena, pugni sulle reni, pizzicotti alle guance. Quando un Provenzale è proprio contento di vederti, non è raro il caso che tu esca dalle sue grinfie con qualche graffio, anche se di poco conto. … Terminati i primi convenevoli, può iniziare la conversazione. Si posano le sporte per la spesa o i pacchetti, si legano i cani alla gamba del tavolo, si appoggiano le bici o gli attrezzi al muro più vicino: tutte cose necessarie, perché, per ogni seria e soddisfacente chiacchierata, le due mani devono essere pronte a fornire una sottolineatura visibile, a concludere opinioni non ben definite, a rafforzare il discorso o semplicemente a ornare un discorso che, col semplice moto delle labbra, per i Provenzali non è sufficientemente corposo”.
La dimensione del tempo, in campagna, è diversa da quella di città. Non che la vita sia meno faticosa, tutt’altro. E’ proprio una questione di ritmo: salvo rare eccezioni, nulla è così urgente da non poter attendere il suo giusto momento. Il rapporto con l’artigiano, qualsiasi sia la sua specializzazione, è ciò che meglio rappresenta questo concetto:
Avevamo capito che il tempo, in Provenza, è molto elastico, anche se esattamente definito: un petit quart d’heure significa primo o poi nella giornata; demain, primo o poi nella settimana; il lasso di tempo più elastico di tutti era une quinzaine, che può voler dire tre settimane, due mesi o anche l’anno prossimo, ma mai, in nessun modo, quindici giorni”.
Il contatto con la natura, il desiderio di un rapporto più prossimo al paesaggio,  la riscoperta di sapori naturali, innesca anche nuove dinamiche con chi ti sta attorno in città e con il quale hai voglia di apprezzare la gioia campestre, salvo affollamenti non previsti …
“… i Londinesi cominciarono a far progetti per le ferie ed era strano come tanti di tali progetti comprendessero la Provenza… Con crescente regolarità cominciò a squillare il telefono … Prima di tutto ci chiedevano se rimanevamo a casa per Pasqua, o nel mese di maggio, o per il periodo che andava bene per loro.. … Era difficile sentirsi lusingati da tale improvviso entusiasmo al pensiero di vederci , da noi ignorato finché  eravamo in Inghilterra … Raccontavamo ad altri venuti ad abitare in Provenza che eravamo minacciati di invasione: tutti erano passati attraverso la stessa esperienza. Dopo si impara a dir di no.
… Il maggior problema, quando ce ne rendemmo conto, dipendeva dal fatto che i nostri ospiti erano in vacanza, e noi no. Ci alzavamo alle sette, mentre loro stavano a letto fino alle dieci o alle undici, terminando a volte la colazione giusto in tempo per fare una nuotatina prima di pranzo. Noi lavoravamo mentre loro prendevano il sole. Ristorati da un pisolino pomeridiano, emergevano la sera, dandosi alla vita sociale, mentre noi ci addormentavamo sull’insalata. Mia moglie, che aveva un istinto innato per l’ospitalità e temeva che gli ospiti non mangiassero a sufficienza, passava ore in cucina, e a tarda notte ancora eravamo occupati a lavare piatti”.
D’estate forse non ci si bada più di tanto, ma nelle incursioni invernali presso case del vicinato o spiando negli orti autunnali, si scopre che d’inverno, quando il lavoro della terra è meno assillante, molta attenzione viene dedicata al cibo
La cucina invernale, in Provenza, è fatta di specialità contadine, preparate per penetrarvi nelle ossa, per darvi calorie e forza, e spedirvi a letto a pancia piena. Non è un cibo elegante, al modo in cui lo sono le vivande artisticamente presentate nei ristoranti … ma non c’è niente di meglio, in una notte gelida, quando il Mistral vi assale a rasoiate. …Una, anzi tre, pizze fatte in casa … tre paté: di coniglio, di cinghiale e di tordo … una terrine di proporzioni gigantesche a base di maiale e marc … saucissons costellati di grani di pepe, cipolline dolci in salsa di pomodoro fresco … fettine di magret … interi tronchi, intere zampe coperti di un sugo di santoreggia, con un contorno di funghi selvatici. … e poi l’insalata verde con dadini di pane fritto in aglio e olio di oliva .. dolce di pasta di mandorle e panna”.
Celebrare con la buona tavola, in fondo, è il modo migliore per fare bilanci con la fatica di piegare la terra ai tuoi voleri, poiché non c’è momento in cui ci si possa davvero rilassare di fronte alle proprie opere di coltivatori: “In ognuno dei mesi precedenti aveva espresso la stessa minacciosa osservazione a proposito del tempo, con tono rassegnato e lamentoso dei contadini di tutto il mondo, quando vi parlano del duro lavoro richiesto per ricavare il sostentamento dalle fatiche dei campi. Le condizioni non sono mai favorevoli: pioggia, vento, sole, erbacce, parassiti, governo, c’è sempre qualcosa che non va, ed essi mostrano un perverso piacere nel loro pessimismo”.
Il tempo della nuova vita, per la coppia inglese, ridefinisce la percezione e la durata delle stagioni: “No, non ci annoiavamo, non ne avevamo il tempo. Ogni giorno trovavamo qualcosa d’interessante e divertente nella vita da contadini; inoltre ci divertivamo ai graduali cambiamenti della casa, per adattarla al nostro modo di vivere. C’era da progettare il giardino e decidere che cosa piantarvi. C’era il campo delle boules da costruire, da impratichirsi con la nuova lingua, da scoprire paesi, vigne e mercati … I giorni correvano già abbastanza veloci così, senza altre distrazioni, e ce n’erano tante di queste”.
Insomma, tanti e divertenti sono gli aneddoti e le descrizioni che si rincorrono nel testo. Una lettura estiva che allieta in forma leggera un pomeriggio di languido ozio, in cui il libro che tieni in mano può ripiegarsi sul petto in attesa che gli occhi si riaprino e riprendano la lettura interrotta.

da: http://tartarugosa.wordpress.com/2010/07/31/tartarugosa-ha-letto-e-scritto-di-peter-mayle-1989-un-anno-in-provenza-edt-edizioni-di-torino-traduzione-di-enrica-castell-tartarugosa/