Cappuccetto Rosso, sì proprio lei, quella della favola, non era affatto una brava bambina. Anzi. Era bellina, questo sì ma tanto presuntuosa e poco gentile nei confronti degli altri.
State a sentire.
Quando la mamma le consegno’ il famoso cestino con la focaccia e il vino da portare alla nonna, lei si mostrò disponibile solo per scopi egoistici.
Ecco come è andata.
Cappuccetto s’incammino’ nel bosco e, assicuratasi di non essere vista, tolse la mantellina rossa e ne indossò una nera. Ogni volta che incontrava piccoli praticelli pieni di fiori variopinti li calpestava con rabbia. Ad un certo punto, quasi arrivata a casa della nonna, si fermò e chiamò con il cellulare il suo amico cacciatore e lo invitò a raggiungerla presso una radura dove giacevano, privi di vita, tronchi e rami di querce abbattute . Il cacciatore, seccato di dover sospendere la partita a Monopoli che stava giocando con i suoi compari (un certo Salvi detto “camaleonte” per il vizio di indossare divise di circostanza; un certo Maio venditore di coca cola; una romanaccia che raccontava cose false con un linguaggio forbito) si alzò dal tavolo da gioco mostrando i denti da coniglio. Si faceva chiamare Rottamman, era toscano e sapeva balbettare come pochi in inglese.
Rottamman, appena arrivato all’appuntamento con Cappuccetto , poggio’ sul prato un grosso zaino dal quale trasse fucile, bazooka, bombe a mano, bottiglie molotov, tutti acquisti fatti alla Sylicon Valley una volta che era andato da quelle parti.
Aiutato da Cappuccetto cominciò a sparare contro tutto ciò che si muoveva uccidendo cervi, aquile, serpenti…”E adesso tocca al lupo- disse Cappuccetto- poi alla nonna e a chiunque non la pensa come noi”
Più in là, il lupo osservava in silenzio quello squallore, poi si mise a correre intorno al luogo dove i due complici erano intenti a mangiare la focaccia e a bere il vino. Non si accorsero di quanto stava accadendo. Il lupo aveva scavato un fazzoletto di terra, proprio quello sul quale erano seduti. Sollevò i vertici del quadrato, ne fece un bel fagotto che legò stretto e lo trascino’ fino a casa della nonna. Aprì la porta e mise il fagotto nel camino e appicco’ il fuoco. In poco tempo tutto divenne cenere. La nonna si mise la cuffia, raccolse la cenere in una enorme che riempì d’acqua fino ai bordi. Disse al lupo di aprire la porta per far entrare luce e aria, si sedette sulla sua sedia a dondolo e aspetto’, aspetto’ i raggi della luna. Quando la stanza fu bianca di luce lunare, dal calderone uscirono festosi e vivi tutti gli animali uccisi. La vita rinacque ma non per Cappuccetto e il cacciatore che, quindi, non vissero felici e contenti ma morirono infelici e scontenti. La nonna tornò nel suo letto e prima di addormentarsi disse al lupo “Quando vai via chiudi per favore la porta e se verrai ancora da queste parti ti preparerò una bella focaccia, ma, niente vino”.
Il lupo, maestoso e solenne uscì, richiuse la porta e, guardando la luna, la saluto con un ululato di gioia e poi corse nel mondo a stanare Cappuccetti e Cacciatori.
Cia o micetti!
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