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TartaRugosa ha letto e scritto di: Silvia Bonino (2012) Il mio giardino semplice, De Vecchi Editore | da TartaRugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Silvia Bonino, 2012

Il mio giardino semplice

De Vecchi Editore

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Noi tartarughe siamo semplici e ostinate. Sarà forse dovuto al fatto che metà del nostro tempo lo trascorriamo in ozio meditativo, riportando alla memoria quanto osservato nella vita trascorsa sopra, anziché sotto, le radici. E quest’anno molti sono stati gli accadimenti da ri-analizzare: ci vogliono anche gli strumenti appositi e sicuramente la visione del giardino fornita dagli occhi di una psicologa aiuta a districarsi nel corso degli stravolgimenti atmosferici.

Che come tartaruga potrei avere molto da raccontare a livello autobiografico, risalendo alla storia dei miei avi vissuti in epocali ere geologiche … ma il tempo a disposizione è quello che è, per cui diventa molto più interessante assistere alle manovre difensive dei miei amici umani e immagazzinare i consigli di Silvia Bonino.

Il suo libro, infatti, è stato pensato e realizzato per il pubblico infantile, quindi non solo i suggerimenti sono lineari e abbordabili anche dal mio rudimentale cervello, ma ciò che accompagna l’intera spiegazione è l’intenzione educativa che dovrebbe giungere all’essere umano sin dalla più tenera età grazie al rapporto con i vegetali.

Le mie conoscenze di psicologia infantile unite alla personale esperienza di giardinaggio mi hanno convinta della necessità di coinvolgere direttamente bambini e adolescenti nella coltivazione delle piante. Si tratta infatti non solo di accostare i soggetti più giovani alla natura, di ampliare la loro conoscenza scientifica del mondo vegetale, di aiutarli ad apprezzarne la bellezza e il valore, di educare cittadini più rispettosi dell’ambiente e della sua storia. Si tratta, in modo molto più profondo, di educare il bambinoattraverso la coltivazione delle piante. … i numerosi insegnamenti non riguardano solo i diversi rapporti con l’ambiente, ma anche altri aspetti più profondi della personalità stessa dell’individuo, del suo modo di pensare e di entrare in relazione con gli altri … di porsi di fronte alla realtà, modi che partono dal mondo vegetale ma al tempo stesso lo travalicano”.

Dunque apprendimenti che tramite l’arte del “giardinaggio casalingo” diventano palestra di vita e insostituibile formazione anche dal punto di vista intellettuale.

Gli obiettivi che il testo si pone sono affascinanti:

  • comprendere l’unità della vita
  • conoscere e accettare il ciclo della vita
  • conoscere e accettare il ciclo delle stagioni
  • imparare a prendersi cura di un essere vivente
  • imparare il senso di responsabilità
  • imparare a tollerare la frustrazione e a pazientare
  • imparare a pensare
  • imparare ad accettare i limiti
  • confrontarsi con la vita reale
  • imparare l’armonia

Le modalità con cui tali obiettivi vengono perseguiti consistono nella presentazione di un tragitto avente come base pochi ma efficaci assunti: che cos’è il giardino semplice; che cosa serve per il giardino semplice; che cosa evitare nel giardino semplice; che cosa fare nel giardino semplice.

L’autrice non trascura il fatto che non tutti possono avere la fortuna di possedere un giardino: i consigli infatti possono essere applicati, con le dovute proporzioni, anche ad appezzamenti minori, dal terrazzo, al balcone, al davanzale di una finestra.

Ciò che è oltremodo incoraggiante riguarda proprio l’aggettivo “semplice”, assolutamente non proposto in forma riduttiva, ma inteso come avvio di comportamenti virtuosi e di pensiero.

Sottolinea Bonino che oggigiorno siamo tutti un po’ vittime di innamoramenti artificiali della natura: è sufficiente recarsi da un florovivaista per poter ammirare innumerevoli varietà di piante e fiori messi in bell’ordine, come se quel risultato fosse la normalità, esattamente riproducibile anche nei propri luoghi abitativi, senza tener conto delle differenze vincolate ad elementi quali l’umidità, l’esposizione alla luce, la composizione del terreno, la temperatura.

La pianta e il suo ambiente costituiscono un sistema complesso, la cui comprensione richiede di tenere conto non solo di una pluralità di elementi, ma anche del fatto che le relazioni tra questi elementi non sono mai determinabili e prevedibili in modo certo, ma solo con un certo grado di approssimazione. Per questo il giardinaggio costituisce un’ottima educazione al pensiero complesso, al ragionamento probabilistico e alla capacità di considerare contemporaneamente diverse variabili”.

In un giardino la cosa più importante è imparare ad OSSERVARE. Addirittura prima di impiantarlo. Accade spesso infatti che tale compito venga delegato all’architetto giardiniere, più propenso a “piazzare” i propri prodotti che a rispettare le caratteristiche dell’ambiente.

Nell’esperienza mia e di TartaRugoso, imparare ad osservare è scaturito dai molti errori commessi quando, assolutamente principianti, ci facevamo catturare dalla beltà dei cespugli fotografati sui libri e ci precipitavamo ad acquistarli. Alcuni arbusti ce l’hanno fatta, altri invece sono diventati parte integrante della terra che non ha saputo, per causa nostra, onorare le loro esigenze.

Abbiamo imparato a scegliere piante che si adattassero alla totale ombra, e ora sappiamo anche che cosa resiste all’impavido sole.

Bonino parla di come sia importante sviluppare la capacità di anticipare, azione che comporta la possibilità di immaginare possibili e diversi scenari futuri. Sostiene giustamente che se si fallisce in questa operazione, gli errori non possono essere riparati in tempi brevi.

Dedicarsi al giardinaggio implica inoltre l’acquisizione del significato del termine”probabilità”, concetto che si applica ben al di là del giardino di casa: “Se si tiene conto che tutta la scienza moderna è di tipo probabilistico, si comprende l’importanza di saper ragionare in termini di probabilità e, soprattutto, di accettare l’insicurezza che ne deriva”.

Questa accettazione è basilare se si vuole imparare ad accettare la frustrazione di variabili insospettate e, soprattutto, a diventare pazienti.

Il luglio del 2013 in questo caso è stato un ottimo maestro. E’ infatti successo ciò che, in un quarto di secolo, avevamo solo sentito narrare: “Non bisogna poi dimenticare le avversità atmosferiche, fra cui la più terribile è la grandine: se talvolta si limita a bucherellare le foglie, altre volte le lacera fino alla completa distruzione, danneggiando anche i rami. Una rovinosa grandinata può compromettere tutta la fioritura e il raccolto non solo di quell’anno, ma anche la fioritura della primavera seguente e la conseguente fruttificazione. … Il giardiniere paziente, allora, ricomincia da capo, trae insegnamento dagli eventuali errori commessi e cerca di non ripeterli, accetta gli eventi sui quali non ha alcun controllo e guarda al futuro con fattivo ottimismo”.

Per dirla ancora con le parole di Bonino, dal punto di vista psicologico “la frustrazione è strettamente connessa alla pazienza: bisogna infatti saper aspettare che un obiettivo si realizzi, dopo aver fatto tutto ciò che era necessario per il successo della propria iniziativa. La pazienza è una virtù fuori moda. Oggi tutti, adulti e bambini, vogliono avere subito tutto, di qualunque cosa si tratti. E poiché questo non possibile, se non in casi molto rari, la depressione e l’infelicità dilagano. Nel caso di un giardino, bisogna imparare a rispettare i ritmi della vita vegetale, che sono lenti e richiedono sovente di pazientare non solo settimane e mesi, ma addirittura anni. … Questa pazienza non è però inerte attesa; è certamente un atto di fede nel futuro, che si sostanzia tuttavia di un lavoro costante e di cure assidue”.

E così è stato anche nel nostro caso. Dopo lo sbigottimento e la rabbia causati dalla grandinata nefasta, è arrivata la voglia della ricostruzione e dello sviluppo del pensiero su come agire e reagire : ”dopo un momento iniziale di irritazione o di sconforto, il fallimento è infatti di stimolo a trovare soluzioni migliori e più creative”.

Le indicazioni e i consigli che Bonino fornisce nel suo libro per mettere chiunque in grado di cimentarsi con la cure del verde sono veramente innumerevoli, comprese numerose schede relative a piante atte ad essere coltivate in climi e spazi difficili lungo tutto l’arco dell’anno.

Il concetto più profondo che trasmette per far sì che il rapporto con il giardino diventi intimo e reciproco (nello scambio del dare e del ricevere) è quello di empatia: “Prendersi cura di un essere vivente – vegetale, animale o umano che sia – significa anzitutto riconoscere e rispondere alle sue esigenze, anche se questo ci costa impegno e fatica. … Per empatia si intende la capacità di comprendere e condividere le emozioni di un altro essere vivente: essa può basarsi sia su segnali esterni sia sulla rappresentazione astratta delle esigenze altrui. La cura delle piante aiuta proprio a sviluppare questo secondo tipo, più evoluto, di condivisione emotiva, basato sulla rappresentazione mentale del vissuto altrui, in questo caso le necessità delle piante”.

Bando quindi alle chiacchiere tipiche dei novelli orticoltori, ognuno così certo delle proprie tecniche: così come non esistono individui ripetibili, altrettanto si può affermare per l’orto-giardino semplice.

Occorre camminare, sostare, guardare, ascoltare, toccare, per capire i reali bisogni del nostro giardino.

Nell’imprevedibilità dei fenomeni, per il momento la natura ancora resiste e ha molto da insegnare a chi la vuole amare, ponendoci “di fronte all’evidenza che la nostra azione sul mondo biologico, del quale siamo parte, non è onnipotente e infinita, ma anzi sottoposta a molti vincoli … avere cura delle piante significa scoprire come, all’interno di certi limiti, ci sia grande spazio al nostro agire, se basato su conoscenze appropriate e su buone pratiche”.

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