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LE MURA DI COMO , DA QUELLE DI CESARE A QUELLE MEDIEVALI, di Sandro Boccia
Dai Romani al Medioevo si può innestare il racconto delle mura della città lariana posta appunto sul uno dei rami del lago di Como da non confondere con l’altro, quello che volge a mezzogiorno (ossia quello di Lecco) come citava il Manzoni nei Promessi Sposi: la cintura muraria è la testimonianza più importante della storia di Como, dall’ originale cesariana con torri aggiunte dal IV al VI secolo d.C. romane un solo lacerto visibile.
In molte città italiane e europee non è insolito imbattersi in monumenti e resti di gran edifici che permettono a chi li osserva di percepire il loro originario splendore e di immaginare come doveva essere la vita in quel luogo durante gli anni di uno dei più grandi imperi dell’ antichità come quello romano.
Anche Como che vanta un fondatore illustre dato che venne edificata nel 59 a.C. per voler di Giulio Cesare nella zona prospiciente il lago e dapprima bonificata in quanto paludosa alla confluenza dei fiumi e costruita con strade parallele e perpendicolari a mo’ di accampamento militare, può offrire numerose attestazioni del suo passato: anche Novum Comum (che sostituì il borgo originario celtico di Spina Verde-Prestino sito in zona collinare a pochi km. dal lago) era dotata di numerose ville, infrastrutture stradali, un teatro e mura in grado di difenderla, come quelle visibili con le terme di viale Lecco o il Ninfeo della villa all’ incrocio tra via Zezio e via Grossi, oltre ai resti in città.
Alcuni di questi tesori come le mura e le sue torri che nel tempo han subito restauri, aggiunte, demolizioni. Grazie alla menzione della cortina muraria (Carme 35 di Catullo indirizzato al poeta comasco Cecilio, la cui statua marmorea abbellisce le mure esterne del locale Duomo lato verso il Teatro sociale che nella parte d’ entrata centrale mostrano le altrettante di Plinio il Vecchio (autore della celeberrima Naturalis Historia nonchè scienziato e ammiraglio della flotta romana e che perì per studiare il fenomeno dell’ eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e per dar soccorso alla gente di Pompei, Ercolano e Stabia che cercavano salvezza verso il mare) e di suo nipote Plinio il Giovane (che nelle sue Epistulae ci ha narrato l’evolversi della catastrofe).
Siamo a conoscenza che le difese vennero erette con pietra moltrasino e preziosa malta. Poi Porta Pretoria originariamente progettata con due torri ottagonali con accesso principali alla città. Dal quarto secoli in poi sotto la pressione dei popoli barbarici lungo la frontiera dell’ Impero, si decise di potenziare il fronte meridionale costruendo torri semicircolari mentre le strutture rettangolari son relative al VI secolo tanto che Como fu definita baluardo (munimen).
E che dire dell’ unico tratto di cortina muraria dell’ antica Novum Comum conservato sopraterra con resti di una torre rettangolare costruita nel VI secolo (via delle 5 Giornate). C’è da osservare che le mura nel corso dei secoli non furon oggetto di alcuna manutenzione ma che sotto gli imperatori del Sacro Romano Impero, Lotario e Ottone II, le mura furon donate dai regnanti a privati cittadini, poi divenute di proprietà del Vescovo, allora a capo della città. Solamente negli anni della guerra decennale contro Milano (1118-1127) le mura furono oggetto di risanamento con costruzione di un fossato difensivo attorno a esse.
Tuttavia furon indi distrutte come stabilito da Milano vincitrivce. Como rimase così senza difese per oltre 30 anni finchè Federico Barbarossa nel 1158 fece costruire un nuovo circuito murario. Quindi ormai prive di qualsiasi funzionbe difensiva le prime mura comasche vennero inglobate in nuovi edifici, interrate e utilizzate come fondamenta. L’ originario circuito murario è quasi è quindi l’ unico oltre a considerare non utopico il progetto di rendere visitabili i resti pur visibili delle mure divia Carducci al di sotto del liceo Ciceri, la torre di via Parini, perpetuando così e in special modo la storia e la memoria della città lariana che ha dato i natali ai Plini, Cecilio, Giovio e Volta.
Trattazione elaborata e integrata da chi scrive sulla base di un articolo di Andrea Colagrande, archeologo, come riportato dalla Provincia del 19 febbraio 2023 (segnalato da Auser/Unipop)
