L’identità storica e politica dell’Italia è fondata su due elementi base: la baruffa e la rimozione. La baruffa, perché la faziosità, il fare la guerra o le pernacchie (o meglio: la guerra e le pernacchie insieme) al vicino è una costante italiana che troviamo praticamente ovunque e da sempre. La rimozione perché, con altrettale regolarità, ogni nuova stagione politica è stata costruita sulla damnatio memoriae di quella precedente.
Ecco in un periodo virtuoso per la cultura comasca, non elenco iniziative per non omettere qualcuno rimane un po’ di amaro in bocca nel constatare che un importante Archivio di documenti e molto altro non ha trovato ancora una “degna dimora”, è l’archivio Mantero.
I primi progetti pubblicati ed esposti al pubblico risalgono alla mostra “Mantero. Cento anni di architettura”, omaggio a Gianni ed Enrico Mantero che si tenne nel 2011 presso la città di Como e alcune zone circostanti (Albate, Rebbio, Lipomo e Olgiate Comasco), curata dall’architetto Davide Mantero, coproprietario dell’archivio di famiglia, e Jessica Anaïs Savoia, presidente dell’Associazione Culturale Erodoto (ente organizzatore) e attuale responsabile dell’archivio per conto della famiglia.
Fu anche la prima mostra dedicata alle figure di Gianni ed Enrico Mantero, padre e figlio, entrambi dediti al servizio del cittadino, della società, dell’urbanistica e della buona architettura “fatta dall’uomo per l’uomo”. “Si è trattato di un lavoro molto complesso che ha visto la partecipazione di numerosi professionisti, sponsor e partner pubblici, nonché di energie intellettuali ed economiche – commenta la curatrice e responsabile dell’archivio -. Ci prefiguravamo fosse l’incipit per un’occasione culturale per la nostra città, l’avvio di una macchina che trovasse la sua naturale collocazione in un luogo fisico, un archivio aperto al pubblico, che ci desse modo di continuare il lavoro di catalogazione e di studio, un polo attrattivo per studiosi e curiosi. Purtroppo negli anni questo interesse da parte delle istituzioni cittadine non si è manifestato, e al silenzio di Como hanno risposto solo istituzioni di altre città, finanche di altri Paesi. Forse dovremmo abbandonare l’idea di lasciare a Como un archivio che parla di Como e della sua storia?”.
L’archivio “Gianni ed Enrico Mantero”, che ad oggi non ha ancora trovato una collocazione adeguata né i fondi per poter avviare un serio progetto di studio e di valorizzazione dei documenti, conserva circa 9.000 tavole da disegno di varie dimensioni e su differenti tipologie di supporti cartacei. I disegni sono conservati in un archivio privato, perlopiù in tubi da disegno, per un totale di quasi 200 progetti architettonici realizzati dagli anni Venti del Novecento sino al Duemila. Non solo disegni di progetto è composto l’archivio ma anche di documenti cartacei afferenti all’attività professionale di Gianni Mantero prima e di Enrico poi, per un totale di circa 700 carteggi, oltre a una decina di plastici originali. Ad arricchire il patrimonio dell’archivio e ad avvalorare i progetti inseriti nel contesto storico e sociale afferente, vi sono circa 300 immagini negative su lastre di vetro riferite a una quarantina di soggetti, nonché 1900 diapositive per una cinquantina di soggetti. Non poteva mancare inoltre la documentazione letteraria che compone la biblioteca dell’archivio, patrimonio immancabile nell’attività di due studiosi e professionisti di tale levatura, che conta quasi 1200 pezzi tra collezioni di riviste d’architettura e libri, un patrimonio che per ragioni di spazio e di conservazione è oggi in parte conservato dalla famiglia.
A rimarcare la relazione personale e professionale di un padre e un figlio al servizio della comunità in un’epoca non troppo lontana dalla nostra, Davide Mantero ricorda “un episodio fondamentale per la vita professionale di mio padre che pochi, se non pochissimi, sanno. Una volta conseguita la laurea e l’abilitazione professionale, per mio padre – l’arch. Enrico Mantero – pareva naturale e anche logico di iniziare la professione affiancando suo padre – l’Ing. Gianni Mantero – nello studio di via Volta. Tuttavia nel momento in cui Enrico ne parlò con Gianni questi fu assolutamente in disaccordo con questa prospettiva, e gli chiarì una serie di motivi, ad oggi ancora assolutamente validi, per cui avrebbe dovuto iniziare a fare il mestiere di architetto da solo o al più con colleghi coetanei. Le ragioni erano soprattutto legate al momento culturale del periodo ma anche alle nuove tecnologie e materiali che si stavano affacciando nel mondo delle costruzioni edili. Mio nonno disse a mio padre che all’interno del suo studio avrebbe visto e respirato un’architettura passata, legata a una cultura e a una società che era già profondamente cambiata nel dopoguerra e che sarebbe mutata ancora. Gli assicurò tutto il suo supporto e la sua esperienza, in modo particolare in materia contabile, di preventivazione, e relativa ai rapporti con la clientela. Non è un caso che gli ultimi incarichi professionali ricevuti da lui fossero poi materialmente svolti da Enrico in assoluta autonomia culturale: i casi della scuola di Albate e delle scuole di Olgiate Comasco sono esempi illuminanti della giusta e coraggiosa scelta che mio nonno fece per mio padre. La chiarezza della visione di un padre sulla strada che il figlio avrebbe seguito dimostra la capacità di Gianni di afferrare coscientemente il periodo storico che la cultura architettonica e la società stavano attraversando in quegli anni, e ne sottolinea l’intelligenza con la quale ha saputo imporsi, con acuta lungimiranza, su ciò che sarebbe accaduto negli anni a venire”.
(Si ringrazia per la collaborazione Jessica Anaïs Savoia)
FOTO “Sono Gianni padre ed Enrico figlio, quando era da poco nato”:

selezione di immagini della mostra “Mantero. Cento anni di Architettura” del 2011, realizzata nella ex Chiesa di San Francesco a Como
Post pubblicato in base ad una mail inviata da Davide Fent:
Buongiorno,
Mi permetto inviarVi per <<FISIONOMIE LARIANE>> mio articolo su Gianni ed Enrico Mantero uscito su CULTURA COMASCA DE LA PROVINCIA,
ALLEGO FOTO “Sono Gianni padre ed Enrico figlio, quando era da poco nato”
Seguono altre foto. Cordiali Saluti con Stima.
Davide Fent
@davidefent
davide.fent@gmail.com
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