chiesa collegata a un piccolo ospedaletto detto della “Canova” poi della “Colombetta” (1313)
nella prima metà del secolo XVI fu sede dell’orfanotrofio femminile. Poi si trasferirono nella parrocchia di San Donnino
nel 1764 l’ospedale di S. Maria Maddalena venne unito a quello di Sant’Anna
L’Ospedale di Santa Maria Maddalena o della Colombetta sorse presso la domus della Colombetta, che era la sede di alcuni frati agostiniani scelti nel 1313 dalla domina della Colombetta per gestire un ospedale
Lo Spazio Diaz di Enzo Pifferi a Como è un luogo polifunzionale situato in via Armando Diaz 58, nel cuore del centro storico della città. Questo spazio è noto per ospitare varie mostre ed eventi culturali, che spaziano dall’architettura alla fotografia, al design e alla letteratura.
Storia e Attività
Fondazione e Gestione: Lo spazio è gestito da Enzo Pifferi, che ha fondato anche l’omonima casa editrice. E’ attivo da diversi anni e ha ospitato numerose esposizioni.
Eventi Culturali: Tra gli eventi più significativi, si ricordano mostre fotografiche come “Como nell’800” (2010) e “Como nelle cartoline del primo Novecento” (2015), che hanno esplorato la storia e l’evoluzione della città attraverso immagini d’epoca Inoltre, ha ospitato una mostra dedicata ad antichi libri di cucina nel 2011
Collocazione e Accessibilità: Situato in una posizione centrale, lo spazio è facilmente raggiungibile e offre una piattaforma per artisti e curatori locali e internazionali. L’indirizzo è via Armando Diaz 58, 22100 Como
Caratteristiche e Servizi
Spazio Polifunzionale: Lo spazio è progettato per essere versatile, adattandosi a diverse tipologie di eventi, dalle mostre d’arte alle presentazioni di libri.
In sintesi, lo Spazio Diaz di Enzo Pifferi è un punto di riferimento culturale a Como, noto per la sua capacità di ospitare una varietà di eventi culturali e artistici nel cuore della città.
L’Esperia Football Club nacque nel 1919, ma le sue radici risalgono al 1914, quando venne fondata come Associazione Ex Martinitt. Questa associazione era composta principalmente da ragazzi e studenti provenienti dall’orfanotrofio di Como, dipendenza dei Martinitt di Milano
Il quotidiano L’Ordine di Como ha una storia ricca e complessa che si estende per oltre un secolo. Ecco una panoramica delle sue principali fasi:
Storia Iniziale (1879-1984)
Fondazione: L’Ordine fu fondato nel 1879 da Pietro Carsana, vescovo di Como, come organo ufficiale della Diocesi di Como[1].
Evoluzione: Inizialmente pubblicato come trisettimanale, divenne quotidiano nel 1885 sotto la direzione del vescovo Carsana[1].
Direttori Storici: Tra i direttori storici vi furono Pietro Carsana e Giuseppe Brusadelli, che guidò il giornale dal 1943 al 1977[1].
Chiusura e Rinascita (1984-2008)
Chiusura: Il giornale cessò le pubblicazioni nel 1984.
Rinascita: Nel 2008 Alessandro Sallusti rilanciò L’Ordine come quotidiano di opinione con un’impronta laica, diversamente dalle sue origini cattoliche[1].
Crisi Finanziaria e Nuova Forma (2008-Oggi)
Crisi Finanziaria: A causa di tre bilanci in perdita consecutivi, la società editrice fu messa in liquidazione nel 2012.
Supplemento Culturale: Dal luglio del 2013 L’Ordine è diventato un supplemento culturale settimanale de La Provincia, uscendo con le edizioni di Como e Sondrio ogni domenica. Recentemente è stato aggiunto anche alla versione per Lecco a partire dal gennaio del 2024[1][2].
Attualmente si concentra su tematiche culturali variegate con firme autorevoli.
Direttori Attuali
Diego Minonzio è menzionato come figura chiave nella gestione de L’Ordine dopo il suo passaggio a supplemento culturale de La Provincia[1].
Scrive Luciana B. (il 13 febbraio 2025, tramite facebook):
“Gli uffici del quotidiano L’Ordine avevano sede nel palazzo alla sua sinistra. C’erano anche i macchinari per la stampa: le rotative si accendevano intorno alle 22.30, ne ricordo ancora il rumore. (Al loro posto, oggi si trova la sede di Spazio Natta)
Una cara amica, Gabriella Pesenti, iniziò la sua carriera giornalistica proprio lì, nei primi anni 80, seguendo la cronaca giudiziaria.
A piano terra invece, negli anni 70 avevano sede gli uffici della Olivetti – successivamente sostituiti dagli uffici sede della Democrazia Cristiana.”
Il Teatro Cressoni è stato inaugurato il 30 dicembre 1870, diventando subito un punto di riferimento per la vita culturale di Como. Situato in via Diaz, il teatro si distinse per la sua offerta eclettica, che spaziava dal cabaret all’opera lirica. La sua programmazione includeva anche eventi di avanspettacolo e proiezioni cinematografiche, come la prima del Reale Cinematografo Lumière nel 1897[1][2]. Durante i suoi oltre quarant’anni di attività, il Cressoni ha ospitato numerosi spettacoli, contribuendo a formare una comunità affezionata[1].
Nel 1913, il teatro fu riaperto come cinema, mantenendo il nome di Cressoni fino al 1932, quando venne ribattezzato Odeon[2]. La trasformazione in cinema segnò l’inizio di una nuova era per l’edificio, ma anche un lento declino che culminò con la chiusura definitiva nel 2004[1][4].
Cinema Odeon
L’Odeon continuò a operare come cinema fino alla fine degli anni ’90, quando la sua attività cessò nel 1997. Durante questo periodo, il cinema ha visto una varietà di film proiettati, ma non è riuscito a mantenere lo stesso prestigio culturale del suo predecessore[2][4].
Cinema Centrale
Dopo la chiusura dell’Odeon, l’edificio ha assunto il nome di Cinema Centrale, continuando a funzionare fino alla sua definitiva chiusura.
La struttura ha subito varie trasformazioni nel corso degli anni, ma ha sempre cercato di rimanere un punto di riferimento per gli amanti del cinema nella città[1][4][5].
In sintesi, il Teatro Cressoni e i successivi cinema Odeon e Centrale rappresentano una parte importante della storia culturale di Como, riflettendo i cambiamenti nelle forme d’arte e nell’intrattenimento nel corso degli anni.
scheda alle pagine 127 e 128 del libro: Cani Fabio, Monizza Gerardo (a cura di), Como e la sua storia: la città murata, NodoLibri, 1994:
La Pinacoteca Civica di Como, situata nel Palazzo Volpi, ospita una ricca collezione di opere d’arte che coprono un ampio arco temporale, dal Medioevo al Novecento.
Questa pinacoteca è parte dei Musei Civici di Como e offre un’importante panoramica dell’arte lombarda, con particolare attenzione agli artisti attivi nella regione.
Collezioni e Opere Esposte
Sezione Medievale e Rinascimentale
Affreschi Gotici: Provenienti dal convento benedettino di Santa Margherita.
Ritratti di Uomini Illustri: Una collezione cinquecentesca di Paolo Giovio, che include ritratti significativi dell’epoca.
Opere Sacre: La Quadreria storica presenta opere come:
Caduta degli angeli ribelli di Pier Francesco Mazzucchelli.
Trionfo dell’arcangelo Michele di Carlo Francesco Nuvolone.
Dipinti di Cristoforo Caresana e Giovanni Paolo Ghianda[1][3][4].
Sezione Barocca e Settecentesca
Opere come:
Conforto del condannato e Samaritana al Pozzo di Agostino Santagostino.
Consacrazione del Cardinale Giuseppe Pozzobonelli di Giovanni Paolo Panini.
Vulcano di Pompeo Batoni e Ritratto di gentildonna di Alessandro Magnasco[1][2][3].
Collezione del Novecento
Questa sezione documenta l’arte del XX secolo a Como, con opere significative come:
Progetti dell’architetto futurista Antonio Sant’Elia.
Lavori del “Gruppo Como”, che include artisti come Mario Radice e Manlio Rho, influenzati dal razionalismo e dal Bauhaus[2][5][6].
Importanza Culturale
La Pinacoteca non solo conserva opere d’arte, ma funge anche da centro di ricerca e valorizzazione della storia artistica della città. Le esposizioni sono organizzate in sale tematiche, rendendo la visita un’esperienza educativa e culturale[1][4][5].
In sintesi, la Pinacoteca Civica di Como è un luogo fondamentale per comprendere l’evoluzione dell’arte nella regione, con una collezione che riflette la ricca storia culturale locale.
Palazzo Volpi, situato in Via Armando Diaz a Como, è un edificio storico che rappresenta una fusione di stili architettonici comaschi e romani. La sua storia risale al XVII secolo.
Costruzione e Proprietà Iniziale
La costruzione del palazzo fu commissionata da Volpiano Volpi (1559-1629), un arcivescovo di Chieti residente a Roma. I disegni furono affidati all’architetto Sergio Venturi, senese ma attivo a Roma[1][2]. Il palazzo fu eretto tra il 1622 e il 1633 sotto la supervisione di Pietro Paolo Raimondi, nipote di Volpiano Volpi[1]. L’edificio presenta una pianta ad “U”, incompleta nella parte settentrionale, con un cortile interno aperto sul giardino terrazzato[3].
Utilizzo Successivo
Dopo essere stato proprietà della famiglia Volpi fino alla metà del XVIII secolo, passò ai Canarisi. Nel 1839 fu venduto allo Stato italiano, che lo utilizzò come sede del tribunale giudiziario fino al 1968. Durante questo periodo, il giardino originale fu sacrificato per costruire le carceri[1][3].
Restauro e Trasformazione in Museo
Negli anni Settanta del XX secolo, Palazzo Volpi fu acquistato dal Comune di Como e sottoposto a restauro per eliminare le aggiunte ottocentesche. Fu trasformato in museo nel 1989 come sede delle raccolte d’arte civiche della città[1][4]. La pinacoteca ospita opere d’arte dal Medioevo al Novecento ed è divisa in quattro sezioni principali: Medioevo, Rinascimento, Quadreria storica e Novecento[5][7].
Caratteristiche Architettoniche
Il palazzo si distingue per la sua imponenza rispetto all’edilizia circostante. Presenta un corpo ad “U” con un cortile centrale dotato di loggiato alla romana. Il prospetto principale è caratterizzato da forme semplici ma eleganti grazie al portale bugnato dell’ingresso principale[2].
Oggi Palazzo Volpi rappresenta uno dei luoghi culturalmente più significativi della città di Como grazie alla Pinacoteca Civica che ospita opere artistiche provenienti da tutto il territorio comasco.
Controllare sempre gli orari aggiornati sul sito ufficiale del museo.[4]