Camminando fra le bancarelle della beCOMe, iniziativa promossa dalla città di Como sui temi della crescita di nuova generazione, 1 giugno 2014 rifletto sugli Gli “strati” socioculturali di Como e dintorni: c’è la parte difficilmente scalfibile: la città storica che ha mantenuto la sua identità nonostante i mutamenti dei secoli: romana, medievale, rinascimentale, neoclassica, razionalista c’è poi la forza della immagine: il paesaggio a lago, fondato sulla connessione fra linea dell’acqua e struttura urbana: basti pensare allo scorcio da piazza Cavour al Duomo, lungo i Portici Plinio ci sono gli abitatori che camminano nella “terra isolata dal destino”: i comaschi, così tipicamente “italiani”, secondo l’analisi antropologica di Carlo Tullio-Altan c’è la Polis (o quello che ne resta): i partiti istituzionali “forti”, forse in via di ridefinizione di campo e prospettiva. Ma molto zavorrati dalle ideologie della seconda metà del Novecento e dall’invecchiamento demografico ci sono le relazioni interpersonali: le associazioni storiche: identitarie, autoreferenziali, curatrici delle biografie individuali emergono le nuove forme di socialità, come i brandelli di green economics che costellavano le bancarelle di offerta dei prodotti o la espressione della moderna fragilità nella “scultura” di canne, sedie, strisce di tessuto al vento. Lì, quasi sulla riva, dove si vede il bacino del lago. Unico al mondo così, perchè dopo la curva di Villa Geno, continua verso il nord
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